18 dicembre 2009

Lista di proscrizione numero 2: Facebook

Giusto per smorzare un po' i toni, il Presidente del Senato Schifani (vale la pena ricordare, la seconda carica istituzionale dello Stato dopo il Presidente della Repubblica) ha deliberatamente attaccato il web e in particolare Facebook.
Fa parte certo del suo ruolo portare all'attenzione pubblica e del Parlamento le criticità, non si può certo accusarlo di questo, anzi di questo lo ringrazio come cittadino. La sua osservazione è però pesante più grave di una mia osservazione o di quella di qualunque altro cittadino italiano, in quanto appunto a farla è la seconda carica dello stato. Paragonare il social network ai gruppi violenti degli anni di piombo è una frase troppo forte, specie nei giorni in cui si continua a fare appello ad un abbassamento dei toni della politica, ma gli stessi rappresentanti che lo appellano fanno l'esatto opposto.

Fortunatamente io non ho vissuto gli anni di piombo ma vivo questi di anni che non sono facilissimi, ogni giorno, in mezzo alla gente e in mezzo a internet. Mi pare di avere un certo senso della realtà, per cui proverò a indicare al Presidente del Senato dove cade in errore. Poiché dimostra non avere una corretta cognizione di internet cercherò di fargli un esempio più vicino alla realtà che dovrebbe conoscere.

Esempio per il Presidente Schifani (e per quelli che non hanno mai visto Facebook da vicino):
supponiamo di trovarci in un bar qualsiasi, facciamo il classico Bar Sport. E' sicuramente un luogo pubblico al quale può, dunque, accedere chiunque. Ipotizziamo allora che in questo Bar Sport entrino tre accalorati tifosi di una squadra qualsiasi che si mettono a discutere delle performance dei propri beniamini con vigore, talvolta dicendo delle autentiche fesserie stimolati dall'andamento dell'ultima partita e magari da qualche Caffè Borghetti in più. Ipotizziamo pure che i suddetti comincino ad insultare tutti quelli che non tifano per la loro squadra, colpevoli di non capire niente ed essere degli imbecilli totali. Ma peggioriamo ancora la situazione: ipotizziamo che i tre, brindando davanti a tutta la clientela, dicano che il bomber della squadra avversaria, proprio quello che ha segnato contro di loro la terribile tripletta che li ha condannati alla sconfitta, si meriti di morire. Proprio così dicono: "il tale è un bastardo e deve morire". Sappiamo che nelle curve degli stadi si grida questo e pure di peggio. Ecco, mettiamo che alla dichiarazione siano testimoni dei rappresentanti dello stato, ad esempio due agenti di Polizia e un parlamentare. Riferiscono ai superiori e in Parlamento, segue discussione e si decide di prendere provvedimenti. Quali? Semplice: chiudere non solo il Bar Sport, ma tutti i Bar Sport d'Italia perché luoghi dove possono avvenire pericolose aggregazioni eversive.

Lo dico a scanso di equivoci sempre per il Presidente Schifani che non vorrei confondesse: nell'esempio il Bar Sport è Facebook, tutti i Bar Sport sono i social network (le assicuro che ce ne sono altri!) i blog e le pagine web che permettono a due o più persone di interagire, perché questo fa internet, permette l'interazione. Dunque le chiedo Presidente Schifani, cos'è più violento? Cosa istiga più violenza? Tre tifosi accalorati che sparano minchiate o lo Stato che impedisce a tutti i cittadini di andarsi a bere un caffè al bar?

17 dicembre 2009

Lista di proscrizione numero 1

"Quello che è avvenuto, l'aggressione a Berlusconi, la contestazione aggressiva di ben due manifestazioni a Milano, le migliaia di messaggi di solidarietà a Tartaglia su Facebook sono il segno che stanno penetrando in settori fortunatamente assai minoritari della nostra società i veleni prodotti dalla campagna di odio iniziata fin dal 1994. In essa non è vero che siamo tutti uguali perché essa è da sempre concentrata su una sola persona: Silvio Berlusconi. E si è avvalsa nel corso degli anni dei materiali più diversi. Ultimamente è ripartita dai gossip ma poi si è concentrata su due accusa infamanti e terribili: la mafiosità e la responsabilità delle stragi del '92 e '94. A condurre questa campagna è un network composto dal gruppo editoriale Repubblica-Espresso, da quel mattinale delle procure che è il Fatto, da una trasmissione televisiva condotta da Santoro e da un terrorista mediatico di nome Travaglio, da alcuni PM che hanno nelle mani alcuni processi tra i più delicati (...), dall'Idv con Di Pietro che evoca alla violenza, quasi voglia tramutare lo scontro politico durissimo in atto in guerra civile fredda e poi questa in qualcosa di più drammatico".

Le parole non sono di un italiano qualsiasi, scaldato dagli avvenimenti recenti, durante un dialogo al bar, magari tra conoscenti di diversi orientamenti politici. Ma è il capogruppo del Pdl alla Camera, l'onorevole Fabrizio Cicchitto ad averle pronunciate per giunta in Parlamento, pubblicamente, perché venissero messe agli atti.
Questo, a mio modestissimo avviso, le rende ben più gravi.
Anche perché, vien da dire, la violenza la scatenerebbero gli altri. Non mi sembra che abbia gettato acqua sul fuoco, ma alcool.
E' opportuno ricordare, credo, che Cicchitto prima di approdare alla corte di Berlusconi è stato dapprima comunista, poi socialista e piduista. Dopo lo scandalo della P2 è stato messo in dispensa per otto anni, da qui è stato ripescato da Craxi. Ricaduto in disgrazia perché coinvoloto in Tangentopoli è stato poi risalvato da San Silvio da Arcore. Forse questo aiuta a interpretare meglio il suo punto di vista obiettivo.

16 dicembre 2009

Sono preoccupato

Al termine di Ballarò sono preoccupato e stavolta non solo per il mio futuro.
Sono sempre più preoccupato per quello di questo Paese.
Per la democrazia.
Quello che vedo, quello che sento non può appartenere a un moderno paese democratico (occidentale).
Alcuni rappresentanti della destra continuano sordi ad alzare i toni ma accusano gli altri di farlo. Indicano responsabili, diffamano senza prove, fomentano e allo stesso tempo sostengono che a fare tutto ciò, ad essere responsabili del clima di odio che si sta creando siano quegli esponenti della sinistra e i giornalisti (perché si sa siamo tutti bolscevichi) come Santoro e Travaglio accusato quest'ultimo dall'onorevole Cicchitto pubblicamente in aula di essere un terrorista mediatico. Terrorista mediatico! Un giornalista che svolge il suo lavoro è un terrorista mediatico?
Vengono reclamate iniziative legali, provvedimenti. Il Ministro Maroni promette cha da giovedì ci sarà una stretta per fermare i siti internet che fomentano la violenza.
Mi conviene scrivere il più possibile domani allora prima di essere oscurato come avviene in Cina, a Cuba e in altri paesi liberi.
Tradotto chi non appoggia Mr B deve tacere per sempre.

Francamente però sono ancora più meravigliato dal tipo di sostegno e consenso di cui Berlusconi gode. Viene adulato, idolatrato. Il suo popolo lo chiama semplicemente Silvio. Come per i fasci era Benito. Per il suo popolo lui è infallibile, è perfetto. Al di là delle simpatie come si può essere così ciechi? Come si può piangere in preda al panico perché il proprio leader politico si è spaccato un labbro? Dedicargli canzoni, poesie e attendere davanti all'ospedale quando (per fortuna perché di questo si è trattato, il bilancio poteva essere peggiore!) ha ferite marginali e guaribili. Ne fanno un martire oggi che è solo una vittima, figuriamoci quando scomparirà in circostanze misteriose (come tutte le vere rockstar) proprio mentre i suoi rapporti con la mafia staranno per diventare pubblici. I caraibi, i paradisi off shore nei quali è accolto come un re, lo attendono per una vecchiaia serena. Ma lui è troppo buono e preferisce rimanere qui con noi, a recitare la parte dell'eroe e del martire.
E' impressionante come tutto ciò che dica sia preso come vangelo, è preoccupante a parer mio.
Il regime è vicino.

Le modifiche che Lega e PDL vogliono apportare alla Costituzione si muovono tutte in questa direzione: più poteri al Premier e al governo, riduzione del Parlamento e del suo ruolo e maggiore controllo della magistratura.

Probabilmente anzi sicuramente io non so di cosa parlo.
Parlo perché c'ho le dita verrebbe da dire.
So però che questo Paese è diventato proprio una bella merda.
La gente che incontro non ha più voglia. Non c'è creatività, non c'è speranza.
Fare qualsiasi cosa è diventato sempre più difficile se non appartieni all'oligarchia. La mia generazione non ha futuro. Io non ho futuro. Non potrò costruirmi una famiglia e so che di questo non posso dare la colpa solo a Berlusconi ma anche a lui.

14 dicembre 2009

Una statuetta del duomo

Solidarietà a Berlusconi.
Non avrei mai pensato di doverlo dire ma è così.
Ieri, domenica 13 dicembre 2009, il nostro Presidente del Consiglio è stato colpito al volto da una statuetta raffigurante il duomo di Milano scagliatagli addosso da un tale Tartaglia, ingegnere elettronico incensurato in cura psichiatrica da un decennio.
Me ne vergogno, ma voglio essere sincero: una parte di me ha provato una sorta di piacere. Perdonatemi per questo. Voglio unirmi a tutti i messaggi di condanna per questo folle, irresponsabile, vigliacco e bastardo gesto. Nel quale personalmente però non vedo nulla di politico. Fosse stato un gesto politico avrebbe avuto un messaggio, avrebbe tirato del fango o del letame o delle uova marce... (non voglio dare troppe idee e passare per terrorista, SONO COSE CHE NON SI FANNO STO SOLO PROVANDO A RAGIONARE).
Però sono stati prontamente accusati tutti i giornali "di sinistra", i giudici (comunisti) e i politici che "innalzano" lo scontro verbale come Tonino Di Pietro.
[Tonino Di Pietro viene accusato di innalzare lo scontro verbale... e nessuno del PD, dei Radicali, dei Comunisti... di coloro che stanno a sinistra dell'UDC insomma proferisce una parola al riguardo. Mah]
Sono certo che la destra saprà sfruttare il gesto di questo imbecille al meglio. Bondi piange, Bonaiuti parla già di profezie. Al San Raffaele è apparsa la stella cometa.
Berlusconi perdonerà Tartaglia con un gesto della mano e dimostrerà ancora una volta a tutti la sua magnanimità.
Rimane il fatto che è il politico più odiato della storia della Repubblica Italiana assieme a Mussolini con il quale condivide anche un certo gusto per i proclami.
Purtroppo il suo deprecabile ferimento diventerà il pretesto per i fans (non ha senso chiamarli più sostenitori o simpatizzanti meglio forse adepti) di santificarlo finché è ancora in vita e cosa obiettivamente peggiore potrebbe segnare l'inizio di altre violenze.
Di tutto questo verrannno comunque accusati gli altri quando il principale responsabile è ancora una volta Berlusconi stesso. Nessuno ha il coraggio di dire che lui e gli uomini della sua corte dal '94 non hanno fatto altro che esasperare ed esagerare i termini non tralasciando le offese a categorie o personali.
Tutto questo allontanerà almeno per il momento lo spettro dei veri problemi di Berlusconi. La crisi economica? No di certo. Le indagini sulla sua (tutta da dimostrare) affiliazione alla mafia che sembrano avvicinarsi a momenti decisivi.
Ora la stampa avrà dell'altro di cui parlare e sarà costretta ad adottare toni più pacati. Ma questo forse è un bene. Alla fine cosa intendo dire: che il gesto di quest'imbecille non fa che favorire la destra e in particolare Mr B. Qualcuno già si chiede se la cosa non sia stata studiata a tavolino (in effetti alcuni particolari di come questo Tartaglia sia passato inosservato e abbia potuto indisturbato prendere la mira sono ambigui) ma francamente dubito che una persona o un gruppo politico possa pianificare una cosa del genere. Ciononostante il tempismo con cui capita ha dell'incredibile, all'indomani delle dichiarazioni europee di Mr B.
Non può che preoccupare il fatto che una persona sia pronta al gesto eclatante alla violenza pubblica. Nel caso di Mr B però francamente preferirei che morisse per cause naturali (nel senso che tutti prima o poi crepiamo e fino a prova contraria è umano, l'ho visto perdere del sangue): non vorrei mai che lo trasformassero in un martire delle libertà.
Sdrammatizzo.
Tuttavia sempre più spesso penso che questo Paese abbia bisogno di una rivoluzione. Io ho intrapreso la mia, minuscola, ve l'ho già detto e non ha niente a che vedere con Mr B, ma un po' con il sistema che in fondo anche lui rappresenta. Intravedo però il bisogno di una rivoluzione più ampia, una rivoluzione dei valori, una rivoluzione sociale. Ma poi penso anche che molti miei concittadini non la meriterebbero neppure. Offrire loro una possibilità che non saprebbero riconoscere o comprendere non ha senso. Nonostante tutto molti sono felici così con i loro programmi televisivi idioti, con il loro iPhone da toccare ma del quale non sanno nemmeno leggere il manuale d'uso, con i loro status stagionali, con i loro sabato notte, le audi bianche e le lampade UV. Mi guardo attorno e concludo che sono io che ho bisogno di una rivoluzione e che sono proprio un egoista di merda a voler cambiare il mio Paese per un mio capriccio e che sarebbe eticamente più corretto lasciare agli idioti la loro terra dei cachi. Loro qui sono felici perché rovinargli la vita?
Così ho deciso che proverò la mia piccola rivoluzione e se funzionerà sarò felice anch'io. In caso contrario leverò il disturbo.
In fondo ora prendere in considerazione il prossimo fallimento non mi disgusta.

12 dicembre 2009

Ripresa delle trasmissioni

Chiedo scusa a quei pochi ma a quanto vedo dalle statistiche assidui frequentatori del blog per il prolungato silenzio. Cercherò di riassumerne brevemente il motivo, semmai a qualcuno potesse o dovesse interessare.
In questi mesi sono stato impegnato a non lavorare.
In genere si è impegnati a lavorare, nel mio caso no: sono rimasto disoccupato, ho cercato lavoro e nel frattempo ho sostenuto l'esame di stato per la professione di giornalista. Non trovando attorno a me le idonee condizioni (o non mi pagavano o non mi offrivano un contratto o entrambe le cose assieme) ho preferito bere del rhum.
Un caro amico lo accompagna al the delle cinque, dice che è fenomenale.
Io tuttavia continuo a preferirlo con il caffè o liscio.

Mi sono anche impegnato a seguire un nuovo progetto editoriale, questa volta mio, che non c'entra nulla con questo blog.
Il risultato è che mi sono avviato in una piccola rivoluzione. Piccolo girino nello stagno dei pirana mi sono tuffato consapevole di dover 1) passare inizialmente inosservato 2) nuotare più forte. Per ora non mi hanno ancora scoperto, ma la rivoluzione è una cosa lunga mica si fa dall'oggi al domani.

L'altra cosa che mi ha tenuto lontano da questo blog è la situazione politica italiana. Mi ha gettato in una tale depressione che fatico ad esprimermi. Ma non solo la situazione politica, anche quella sociale mi deprime e opprime.

Recentemente un amico belga che ha tre volte e più la mia età mi ha detto: "negli anni Sessanta sono venuto in Italia con gli occhi spalancati estasiato dalla creatività degli italiani dalla loro apertura mentale soprattutto nel campo artistico e della moda. Io dalle Fiandre vedevo questo paese così bello, allegro e dinamico anche. Ora sono troppo vecchio per andarmene ma ogni mattina non posso che chiedermi che cazzo ci faccio qui".
Io non sono belga, io sono italiano e sono stato sempre fiero di esserlo ma da un po' di tempo questa domanda me la pongo anch'io.

Cercherò comunque di esternare le mie considerazioni ancora su questo blog personale, e se qualcuno avrà piacere di interagire sarà ben venuto.

04 marzo 2009

Baciami il SUV


Caro vicino,

ti conosco e, ormai, grazie ai miei meticolosi appunti, conosco anche i tuoi orari.

Riconosco quell'espressione di stupore misto ad angoscia che anima ora il tuo volto: sì, bravo, hai ragione a essere preoccupato, perché finalmente riesco ad anticipare le tue mosse. Ancora poco e potrò dire che sei mio. Ancora poco e ti permetterò di espiare le tue colpe.

E pensare che sarebbe bastato così poco per evitare a me l'imbarazzo e a te la sofferenza.

Sarebbero bastati un po' più di senso civico, di correttezza, di normalissima buona educazione o, al limite, potevi dotarti di un paio di banali sensori di parcheggio. Ma ormai è troppo tardi. Quello che è fatto è fatto.

Quando ho parcheggiato la mia umile utilitaria dietro al tuo gippone, già sapevo che sarebbe successo, non puoi farne a meno, lo so. Ho osservato l'arrogante sporgenza della ruota di scorta nel mezzo del tuo portellone e, mentalmente, ne ho disegnato la traiettoria verso il centro del mio cofano. L'ho fatto con la rassegnazione di chi conosce il verdetto di una giuria corrotta. È stato sufficiente attendere la mattina seguente per sentire pronunciare la condanna, la tua.

Vivi in città e per giunta hai l'aggravante di non saper guidare, ma hai voluto a tutti i costi "il fuoristrada". Ti ostini a chiamarlo fuoristrada, anche se ha i cerchi in lega e non c'è un particolare della carrozzeria che non sia ricoperto da un triplice strato di vernice metallizzata. E quella ruota di scorta... Vuoi dirmi che non c'è proprio posto nel baule? O che se fori tra la rotonda e l'ipermercato sei più pronto a cambiarla? Ammettilo che non hai nemmeno il crick per alzare sto bestione.

Sì lo so che ormai prendersela con i SUV è diventato uno sport nazionale, hai ragione, siamo noi poveri idioti che continuiamo a comprare macchine piccole, maneggevoli, che non rompono i coglioni a nessuno, che bevono poco e non montano le gomme di un trattore, siamo noi a sbagliare, perché la ragione è sempre dell'arrogante. Bravo continua così.

Ciononostante, siamo in un paese libero e ritengo sacrosanto che tu possa avere l'auto che desideri. Sono disposto a lottare al tuo fianco per questo, sappilo.

Come? Cosa dici? Non fare quella faccia schifata... è solo urina! No, non ce l'ho il cane. Ma certo che non capisci proprio niente di auto: non hai bisogno di fare la convergenza, le gomme sono solo sgonfie.


02 marzo 2009

La fine del duopolio non ci libererà


La televisione è in Italia argomento spinoso, almeno da un ventennio. È uno di quei tasti che si preferirebbe non premere, ma che si affronta con l'indolenza di chi è costretto a comporre i numeri a doppia cifra con la tastiera del telecomando. In ossequio all'italica usanza della cronica lamentela, non esiste fascia della nostra società che non abbia recriminato per una qualche scelta catodica. In questa bagarre sono però poche le voci che hanno detto qualcosa di pubblico interesse. Il rischio ben più concreto è di inciampare sul vituperato – ma impunito – conflitto d'interessi, spostando così l'attenzione dall'indecorosa qualità dei programmi televisivi italiani al dibattito politico e arrivare a banali considerazioni sulla controversa figura del nostro Presidente del Consiglio.

L'ultima, lieve, scossa tellurica alla nostra compagna domestica, è arrivata dal passaggio di Fiorello a SKY, notizia che apre le ostilità tra la tv satellitare e quella analogica o, se preferiamo, sfuma il confine tra le due. Non è un dispettuccio del magnate Murdoch nei confronti dell'ex-amico Berlusconi: leggerla come una volgare ripicca per la decisione del Governo di aumentare l'IVA sull'abbonamento SKY sarebbe fuorviante oltre che inesatto. Piuttosto, traspare la volontà dell'emittente satellitare di addentrarsi nell'intrattenimento popolare, rinforzando con “il varietà” l'offerta del bouchet che conta già Fox, E!, FX e molti altri. La scelta non è inedita: nel passato di Tele+ e D+ si potrebbero ripescare format di alcuni tra i comici più amati del nostro Paese. È sintomatica, però, di una tendenza che non ha risparmiato nessuno, nemmeno la BBC, da sempre ammirata quale baluardo dell'intrattenimento di qualità e ormai avviata a un infausto destino culturale.

La fine del duopolio in Italia o, meglio, la vittoria della TV privata sulla pubblica, è stata ufficializzata dal recente Festival di Sanremo, condotto, nella sua serata finale, da due purosangue della scuderia Mediaset e vinto da un suo prodotto. Se è vero che la concorrenza fa gli interessi del cliente, non si può che guardare con fiducia all'operazione di SKY, la quale, però, ha nell'abbonamento un evidente limite di diffusione in un paese già intollerante all'obolo RAI. Più soldi corrisponderanno a maggiore qualità? SKY otterrà la fiducia di un utente da tempo allettato con un miraggio della qualità invariabilmente disatteso? In tutto questo si inserisce un ricambio generazionale carente: i giovani non sono più attratti come dieci anni fa dalla televisione. Lo dimostrano le difficoltà di reti come AllMusic o MTV. L'attenzione si sta progressivamente spostando verso altre forme di intrattenimento, quali le WebTV, tematiche e assolutamente on demand, tra le quali non mancano già esempi illuminati come Bubblegum o come l'interessante esperimento "musicale" di Prontialpeggio.

20 gennaio 2009

Kakà e i valori nel calcio

Kakà ha detto no ai soldi. Il Milan, pure. Di comune accordo? Pare di sì.
Milanisti o non, tutti i calciofili hanno tirato non uno ma due sospiri di sollievo. Il primo perché il nostro prestigioso campionato non sarà costretto a privarsi dei pregiati piedini del brasiliano, il secondo, e ben più profondo, perché questa storia dimostra che nel calcio italiano, più volte criticato per la mancanza di valori, esiste ancora chi rifiuta una somma esagerata di denaro per rimanere con la squadra che ama, con il paese dove si trova bene, con la gente, i tifosi per i quali lui è una bandiera.
Già e a ricordarci tutte queste belle cose è stata la società di Berlusconi, chi l'avrebbe detto? (A quanto pare non riesco a non nominarlo, come neppure un solo telegiornale intervenuto sulla vicenda).
Tutta l'Italia oggi si è dunque svegliata orgogliosa di Kakà, il ragazzo dall'immagine pulita, cristallina, che non poteva andarsene così, come un comune mercenario. Ha rinunciato, e il Milan con lui, a cifre enormi per rimanere tuttavia non in una squadra di promozione, ma in una delle più ambite piazze calcistiche. Forse varrebbe la pena ricordare che il ragazzo non se la passa poi male nemmeno qui in Italia, dove è coccolato da pubblico e sponsor e inseguito dai pubblicitari e dagli stilisti. E ora lo sarà ancora di più! Certo avrebbe potuto andarsene, ma non direi che rimanere sia un sacrificio, anzi. Guadagnasse 1.500 euro al mese lordi, sarei il primo a dargli del pirla, ma dato che il suo ingaggio da 9 milioni di euro lo pone già come il calciatore più pagato del mondo, forse il buon Kakà ha semplicemente preferito la cucina italiana al fish and chips di Manchester.
Il City poi... non me ne voglino i tifosi inglesi, non è neppure lo United...

p.s.: il buon Kakà ha detto di aver pregato tanto affinché Gesù lo aiutasse a prendere la decisione giusta. Ah, avessi anch'io i problemi di Kakà, magari mi avvicinerei di più alla beatitudine... terrena e divina.

19 gennaio 2009

Un popolo illuminato

Tra poco, pochissimo, Barack Obama pronuncerà le sue prime parole da Presidente degli Stati Uniti d'America. In tutto il mondo c'è trepidazione, con la consapevolezza di essere innanzi a un momento di rilevanza storica ma anche con la diffusa sensazione di essere davanti a una svolta.
Sarà così?
La voglia di cambiamento è evidentemente sentita da tutti.
Illusi?
Personalmente spero di no, ma temo che sulle spalle del promettente primo presidente nero vengano riposte tante, forse troppe speranze e non tutte motivate.
La stessa campagna elettorale non ha mai posto gli accenti sulle parole del candidato, perlomeno non quanto non abbia fatto con il colore della sua pelle. Tuttavia non possiamo non essere felici per la fine dell'era Bush.

Lo stesso popolo che otto anni fa votava George W. Bush e che soprattutto lo riconfermava quattro anni più tardi, ora appare come il più illuminato popolo della terra. Speriamo bene, e ricordiamoci che sono pur sempre americani.