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02 marzo 2009

La fine del duopolio non ci libererà


La televisione è in Italia argomento spinoso, almeno da un ventennio. È uno di quei tasti che si preferirebbe non premere, ma che si affronta con l'indolenza di chi è costretto a comporre i numeri a doppia cifra con la tastiera del telecomando. In ossequio all'italica usanza della cronica lamentela, non esiste fascia della nostra società che non abbia recriminato per una qualche scelta catodica. In questa bagarre sono però poche le voci che hanno detto qualcosa di pubblico interesse. Il rischio ben più concreto è di inciampare sul vituperato – ma impunito – conflitto d'interessi, spostando così l'attenzione dall'indecorosa qualità dei programmi televisivi italiani al dibattito politico e arrivare a banali considerazioni sulla controversa figura del nostro Presidente del Consiglio.

L'ultima, lieve, scossa tellurica alla nostra compagna domestica, è arrivata dal passaggio di Fiorello a SKY, notizia che apre le ostilità tra la tv satellitare e quella analogica o, se preferiamo, sfuma il confine tra le due. Non è un dispettuccio del magnate Murdoch nei confronti dell'ex-amico Berlusconi: leggerla come una volgare ripicca per la decisione del Governo di aumentare l'IVA sull'abbonamento SKY sarebbe fuorviante oltre che inesatto. Piuttosto, traspare la volontà dell'emittente satellitare di addentrarsi nell'intrattenimento popolare, rinforzando con “il varietà” l'offerta del bouchet che conta già Fox, E!, FX e molti altri. La scelta non è inedita: nel passato di Tele+ e D+ si potrebbero ripescare format di alcuni tra i comici più amati del nostro Paese. È sintomatica, però, di una tendenza che non ha risparmiato nessuno, nemmeno la BBC, da sempre ammirata quale baluardo dell'intrattenimento di qualità e ormai avviata a un infausto destino culturale.

La fine del duopolio in Italia o, meglio, la vittoria della TV privata sulla pubblica, è stata ufficializzata dal recente Festival di Sanremo, condotto, nella sua serata finale, da due purosangue della scuderia Mediaset e vinto da un suo prodotto. Se è vero che la concorrenza fa gli interessi del cliente, non si può che guardare con fiducia all'operazione di SKY, la quale, però, ha nell'abbonamento un evidente limite di diffusione in un paese già intollerante all'obolo RAI. Più soldi corrisponderanno a maggiore qualità? SKY otterrà la fiducia di un utente da tempo allettato con un miraggio della qualità invariabilmente disatteso? In tutto questo si inserisce un ricambio generazionale carente: i giovani non sono più attratti come dieci anni fa dalla televisione. Lo dimostrano le difficoltà di reti come AllMusic o MTV. L'attenzione si sta progressivamente spostando verso altre forme di intrattenimento, quali le WebTV, tematiche e assolutamente on demand, tra le quali non mancano già esempi illuminati come Bubblegum o come l'interessante esperimento "musicale" di Prontialpeggio.

03 maggio 2007

Tette in alto

La tetta è bella. Per dirla alla Celentano, la tetta è “rock”. Non prendetemi per un maniaco o per un feticista (a dire il vero in genere sono più un fan di altre rotondità anatomiche), ma ritengo che la tetta sia superiore dal punto di vista “comunicativo”. Sarà la sua posizione alta e frontale, sarà la sua conformazione che richiama evidentemente un bersaglio, saranno i ricordi della nostra prima infanzia che sopraggiungono ogni qualvolta posiamo gli occhi su una scollatura, ma il famoso decolleté è per noi maschietti un’autentica calamita. E le donne, ahimè, lo sanno benone. Per questo la tetta è veramente potente. La consapevolezza è ciò che arma la tetta. La tetta diventa così uno strumento periglioso, in grado di controllare la nostra volontà. Lo è e lo è sempre stato, ciò che è aumentato negli anni è invece la consapevolezza. È come un medicinale con il triplo del principio attivo originale, o come il caffè-dello-studente o come un doppio Magnum Double per intenderci… In ogni caso si rischia l’infarto. Perché questa “riflessione”? È sbocciata la primavera, anche se la pioggia delle ultime ore sembra voler sostenere il contrario, e con lei è sbocciata, come ogni anno, la bellezza femminile. In prima fila ovviamente le tette, pronte a distoglierci dalla nostre attività, a renderci più gioviali e ottimisti ma anche pronte a metterci nei guai. Le donne mature ed emancipate, sicure e fiere della propria sensualità, hanno da qualche stagione a questa parte sempre più concorrenza: aumenta progressivamente la forbice delle provocatrici estendendosi nell’età spingendo oltre tanto l’estremo superiore che quello inferiore. L’uso colposo della tetta ha allargato il suo target. La stagionata ben conservata o magari ristrutturata non è una novità e sempre meno lo è la giovine Lolita. L’altro giorno mi trovavo casualmente in treno, ma poteva succedere ovunque (questa volta Trenitalia non centra nulla), quando un fatto del tutto normale mi ha spinto ad alcune considerazioni. Una scolaresca di adolescenti ha invaso il vagone e un gruppetto di allegre ragazze in gita mi ha circondato. Mi sono trovato mio malgrado a osservare quanto accadeva attorno a me (e non solo quello) e a sentirmi per un attimo un vecchio maniaco. Acquisita la consapevolezza che non si trattava di una sexy candid camera e che (purtroppo) non mi trovavo nel set di un film a luci rosse, ho cercato di guardare le fanciulle con aria distaccata, in qualità di blogger carico di buoni propositi scientifici. Osservavo le giovincelle nel loro look radical chic, sembravano appena uscite dalle pagine di una rivista di moda, con le loro pettinature assolutamente perfette e il loro sculettare da provette veline e non ho potuto fare a meno di pensare a quando in gita ci andavo io, una decina di anni fa (non è passato poi così tanto tempo). Allora ricordo che le mie compagne di classe, non me ne vogliano, non erano particolarmente provocanti e che neppure le più esotiche studentesse degli altri licei, magari incontrate proprio durante la gita, non erano poi così conturbanti. La maggior parte vestiva jeans, felpa e calzino di spugna sotto le Nike o Adidas a seconda della parrocchia, e la famosa tuta nera con le tre bande bianche. Le più concrete portavano scarpe da tennis Reebook e T-shirt Champions, mentre le più classiche una sobria camiciola a quadri in parte coperta da un collegiale maglioncino di cotone. In ogni caso i capelli erano indomabili e mai, e poi mai, si sarebbe potuto scorgere qualcosa al di sotto del collo. La scollatura non era bandita di per se stessa, faceva semplicemente parte di un altro mondo, una realtà adulta e lontana che la rendeva inconciliabile con il serioso ambiente scolastico. Le tette non ce le aveva nessuno (tranne l’amico grassottello) e quella che era naturalmente dotata si guardava bene dal metterle in mostra per non essere appellata come “tettona” dalle compagne invidiose e faceva di tutto per tenerle nascoste col terrore di essere additata come zoccola. Kelly di Beverly Hills 90210 era qualcosa d’irraggiungibile. A riguardarla adesso… non fa lo stesso effetto… A ricreazione non si sentiva parlare la compagna di banco di tanga, perizoma o cullotte e il push-up rimaneva un mistero per i più. Oggi la provocazione è stata definitivamente sdoganata e il lifestyle della modella/velina/letterina ha sostituito definitivamente quello della brava mogliettina anni 50 e quello della donna in carriera anni 80. Così si va a scuola truccate, imbellettate, profumate e agghindate come una volta non si faceva nemmeno per attirare l’attenzione del più fico del liceo. Creme per il viso, creme per la cellulite e creme per evidenziare il seno sono fondamentali per apparire. Sempre più strumenti e sempre più utilizzatrici. Un business, ecco che cos’è oggi la tetta. Poco importa se così facendo si rischia di scambiare una sedicenne per una nota pornodiva.