27 agosto 2007

Calciobalilla olimpico

Prima del ricordo viene il rumore: quel "tlack" della molla, quello scorrere frenetico della pallina, quel frullo del rullare (vietato dalle regole ufficiali, ma che piace tanto ai bambini e non). Il calciobalilla o, se preferite, calcetto o ancora biliardino e i suoi inconfondibili rumori che rievocano il tempo spensierato dell'infanzia, che riportano alla mente un bar, un oratorio, uno spazio aperto dietro la spiaggia, approda trionfale alle Olimpiadi di Pechino 2008, seppure come sport dimostrativo, ma si sa, spesso questo è la porta di servizio per entrare poi nel medagliere ufficiale. Fa un po' sorridere e affascina che questo gioco ritenuto ancora un semplice divertimento venga considerato uno sport, ma massimo rispetto per coloro che si allenano cinque ora al giorno per diventare veri campioni. Perchè il calciobalilla in realtà ha una sua federazione www.ficb.it con le sue regole e i suoi campioni e da tre anni si disputano i campionati mondiali, nel 2006 vinti tra l'altro, per la sezione femminile, da una italiana, Samantha di Paolo. Certo che è proprio buffo pensare a tutti quelli che, decisamente scarsi di piede, per fare gol non avevano alternativa che scalmanarsi aggrappati alle manopole di quel surrogato del pallone, e che poi andavano fieri di quel dolce dolore dell'acido lattico ai polsi, oggi potrebbero sognare di vincere una medaglia nientepopòdimenoché alle Olimpiadi. Un lamento si è già alzato: non sarà mica sport questo? Forse no, perchè il calciobalilla è il calciobalilla. Dove se non sei rapido e concentrato, sei finito. Dove non serve avere il fisico per essere un campione, basta la testa. A Pechino ne vedremo delle belle in attesa dell'ammissione della scala quarante e del tresette. O sennò un bel settemezzo... sbaalllaatooo!

23 agosto 2007

La puttana virtuale, ovvero il sesso che ti ricarica

Nella rete il sesso dilaga. Per qualcuno è una piaga, per altri è un business per molti un semplice passatempo. Sesso, sesso, sesso. Non a caso il termine richiama la parola ossessione. Sesso come ossessione, sesso come chiodo fisso, ma anche sesso come scacciapensieri. Per molti il sesso sulla rete rappresenta l’evasione da una quotidianità di certo meno appagante di quanto la virtualità ti permetta di assaporare, o meglio annusare dato che intrinsecamente essa è vedere ma non toccare. E allora tutti a indossare maschere tuffandosi nel marasma della chat, stanza da dividere con una moltitudine pur rimanendo soli. La vita altrui ti sfiora. Come in un luogo privo di luce brancoli a tastoni accarezzando costumi di gommapiuma. Forme, non vite. Così non sai chi hai davanti e come in uno specchio surreale non sai nemmeno più chi sei. Rifrazioni immaginarie. Giochi, perché tutti giocano e non vuoi negarti questa possibilità, perché la tua identità si confonde nella depravazione mutata in lecito. Giochi nella convinzione che pur sempre di un gioco si tratti. Finché non incontri chi di questa inesistenza ha fatto la propria esistenza. Dal gioco trae profitto e ti domandi se sia o meno il caso di biasimare. Uno schiaffo ti riporta al buio che ti circonda, perché sei vero e sai di esserlo, ma il resto lo è? Pensi all’immoralità o all’illegalità, due concetti che, quando si parla di sesso, non ti sono mai stati chiariti. La botola che hai alzato ti mostra il bivio: lasci o raddoppi. Entri o scappi. Entri perché vuoi sapere, vuoi capire com’è fatta una puttana virtuale, ancora stupito e spaventato dalla sua concretezza e dal suo realismo e apprendi che ci sono puttane virtuali e puttane che battono anche sul web. Opti per le prime. In fondo nei telefilm americani c’è sempre qualcuna che si è pagata il college con qualche marchetta, e benché tu non possa annoverare esempi di questa pratica nel breve giro delle tue conoscenze non ti stupisce che la tecnica sia sdoganata anche sul web. Basta una cam per accedere al lusso e qualche spicciolo per godere. In più il vantaggio morale d’esser convinti che chi hai di fronte non lo fa per disperazione. Semplicemente gioca a Monopoli con soldi veri, i tuoi. L’equazione che realizza il bilancio è semplice: facciamo sesso ma siamo in due luoghi differenti. Autoerotismo in cambio di una ricarica telefonica. Interattività via cavo in cambio di traffico prepagato. Di chi è l’affare? Di chi si scopa lo schermo o di chi a fine mese si paga le bollette? L’amara considerazione ti vieta anche l’unico momento di piacere.

15 agosto 2007

Il miraggio dell'ecobenzina e la fame

L’Unione Europea si è prefissata l’obiettivo di sostituire con ecobenzina almeno il 10% del carburante consumato dai veicoli entro il 2020. Gli Stati Uniti hanno deciso di aumentare di sei volte la produzione di etanolo raggiungendo i 35 miliardi di galloni entro il 2017. Ma il bioetanolo rappresenta veramente il futuro dei carburanti? La risposta è no. O meglio esso non rappresenta la soluzione definitiva al problema ma non è nemmeno una mera illusione. Miscelato con i carburanti fossili consente in effetti di diminuire le emissioni e i consumi, ma da solo non può rappresentare il dopo-petrolio. Non solo, è stata sufficiente l’ipotesi di un suo utilizzo massificato per scatenare preoccupanti effetti a catena. Il grande interesse riscosso negli ultimi tempi dal bioetanolo ha già portato a delle conseguenze tangibili che non sono per nulla confortanti. Il passaggio è molto semplice: l’aumento di richiesta di “ecobenzina” porta a una sensibile crescita della domanda di granturco, materia prima nella produzione di etanolo. Questo spinge i coltivatori a preferire il mais alle altre coltivazioni in previsione di maggiori guadagni. Il primo paradosso dell’ecobenzina impone infatti che la ricerca dell’indipendenza energetica dal petrolio renda l’industria dell’ecocarburanti dipendenti dagli alti prezzi del greggio. Le prime a farne le spese sono dunque le altre coltivazioni, come ad esempio il grano. Non ci credete? La De Cecco ha già aumentato del 10% i propri listini e presto toccherà alla Barilla fare altrettanto: il prezzo del frumento sta salendo rapidamente alle stelle e questo prima ancora che esista una reale domanda di ecocarburanti. Inoltre l’attuale capacità produttiva di etanolo non è ancora in grado di raggiungere enormi quantità come quelle prefissati dagli USA. Per farlo sarebbe necessario coltivare a granturco buona parte del suolo americano! La seconda macro-conseguenza della distrazione del granturco dal settore alimentare a favore di quello dei carburanti consiste nella crescente difficoltà e futura totale impossibilità per alcuni paesi di accedere a tale fondamentale risorsa di cibo. In parole povere, aumenterà la fame! Se tutti i prodotti derivati direttamente o indirettamente dal mais costeranno di più, per i paesi occidentali significherà un aumento dei prezzi in primis del settore alimentare ma anche di tutti gli altri settori con una crescente forbice tra coloro che potranno o non potranno acquistare. Per i paesi in via di sviluppo e per tutti i paesi più poveri la realtà sarà ben presto molto più drammatica, in quanto non potranno competere con la crescita costante dei prezzi e non potranno quindi accedere alle risorse fondamentali per vivere! Tutto questo è già chiaro ben prima che il bioetanolo sia diventato una realtà! Infatti stiamo ancora parlando di miraggio dell’ecobenzina, in quanto non è ancora chiaro come e in che quantità potrà e sarà opportuno farne uso. L’impressione è che si tratti di un’altra astuta manovra per riempire sempre le stesse tasche a discapito della vita del resto del mondo.