21 dicembre 2006

Antiche Torture Milanesi

Milano - Ore 18.40, la pura cronaca: esco dall’ufficio, infilo le cuffie dell’IPod, calco la berrettina di lana sulla testa e mi avvio alla solita triste fermata del tram. Un paio di ombre grigie sfidano il freddo, sconsolate nell’attesa. Mi aggrego, divento a mia volta un’ombra grigia, regolo il volume per migliorare il mio isolamento, e attendo. I minuti passano ma di certo non volano. Controllo la tabella dell’orario, sorrido con ironia e torno nella mia posizione a fianco dell’insegna arancione.
Non facciamoci domande.
In questo punto della città passa soltanto questa linea. Attendo ma non passano tram ne in una direzione ne nell’altra e deduco che forse potrebbe essere successo qualcosa, un incidente o qualche guasto paralizzante. A stare fermi si congela: decido di guadagnare qualche metro e mi dirigo verso il centro della città, verso la mia meta, verso la fermata successiva. Con passo deciso raggiungo in breve tempo la seguente insegna arancione. Decido di attendere qualche istante, ma è inutile. Lo sconforto comincia a farsi strada. Faccio spallucce e riprendo il mio cammino. Una, due, tre fermate; ho già percorso almeno un paio di chilometri e l’unica consolazione è che se non altro non sto soffrendo il freddo. Decido di fare una sosta dopo aver visto uno sporadico tram passare timidamente in direzione opposta. Qualche minuto di pazienza e il brucone verde ha “già” fatto il giro di boa al capolinea e mi raccoglie assieme ai miei occasionali compagni di viaggio. Trovo persino posto vicino a due simpatiche (forse perché ho l’IPod a tutto volume) signore anziane e mi siedo. Si parte tra il giubilo della folla festante, stretta tra le pareti vetrate. Manca l’aria e il riscaldamento è al massimo, di conseguenza comincio a slacciarmi gli abiti nella speranza di sedare il mio malessere. Non mi sono ancora del tutto ambientato quando, dopo poche fermate, l’autista comunica tramite opportuno altoparlante che il suo tram termina la corsa.
Si prega di scendere.
E così faccio, rassegnato a ignorare i tacchi delle due vecchie che massacrano i miei poveri alluci. Sono ancora sul marciapiede come dieci minuti prima. Attendo speranzoso il passaggio di un nuovo tram che ovviamente non arriva e decido per optare per una soluzione alternativa: alla prima occasione salgo su una nuova linea che non conosco ma che credo vada nella mia direzione. Fortunatamente le mie sensazioni sono esatte e fiero di me stesso mi faccio traghettare verso la mia meta. Questo tram è però particolarmente lento, in effetti c’è traffico e le macchine costringono l’autista a numerosi rallentamenti, ma in tutta la strada percorsa fino a questo momento non ho ancora trovato la giustificazione per tutti questi disguidi. Alla fine riesco ad arrivare alla mia fermata, scendo e mi dirigo verso la metropolitana. Scendo in profondità e, tanto per cambiare, faccio ciò va fatto: attendo pazientemente. Qualche minuto e un accogliente carro bestiame si ferma davanti a me e alla massa informe di persone con cui coabito la banchina.
C’è calca, c’è ressa.
Trattengo il fiato per potermi incastrare tra un ragioniere, un immigrato e un giovane con la passione per i piercing facciali. Fortunatamente ho solo poche fermate, ma, è il caso di dirlo, sono sudate. A ogni stop scendo nel tentativo di fornire un passaggio utile ai più fortunati, ovvero quelli che sono arrivati a destinazione. Con un sospiro di sollievo i miei occhi accolgono la scritta che desideravano sui muri della stazione.
Sono arrivato.
Scendo sospinto dai condizionamenti provocati dalla legge sull’impenetrabilità dei corpi e mi ritrovo senza sforzo alcuno sulle scale mobili… guaste. Riemergo e affronto l’ultima passeggiata. Un po’ di traffico qua e là, qualche autista distratto, qualche parcheggiatore creativo e arrivo, quasi incredulo, a casa. Infilo la chiave nella toppa e controllo l’orologio: sono le 20.20. Ho quindi impiegato soltanto 1 ora e 40 minuti per percorrere circa una decina di chilometri.

Se qualcuno di voi pensa che io abbia voluto raccontare un fatto eccezionale, mi duole dirlo ma si sbaglia. Questo purtroppo rappresenta l’assoluta normalità. Difficile giustificare dunque il diffuso sentimento di sfiducia verso i mezzi pubblici, davvero non lo so spiegare. Prossimamente vi racconterò di come la città meneghina accolga coloro che cercano un’alternativa alla pubblica locomozione.

12 dicembre 2006

La pantera accerchiata

"devo stare molto attenta a chi ho intorno. Non posso più stare da sola con qualcuno perchè non so che intenzioni ha".
N. Campbell

Voi che intenzioni avreste? No, no, non è come pensate.
La Pantera non si fida più di nessuno, perché tutti coloro che rimangono a tu per tu con lei finiscono per denunciarla. Così da un po' di tempo anzichè sfilare sulla passerella si trova costretta suo malgrado a esibire il suo proverbiale passo felpato mentre entra ed esce dalle stazioni di polizia e dai tribunali. Tutta colpa di un caratteraccio che si port'appresso con meno disinvoltura ed eleganza di quanto non abbia sin qui fatto con il suo fondoschiena. Basta questa sua debolezza per renderla il bersaglio prediletto di persone senza scrupoli intenzionate a sfruttare la sua celebrità per portarsi a casa una comparsata sui giornali e qualche spicciolo. Finalmente però qualcuno sembra darle ragione e capire il suo stato d'animo di bersaglio. A Londra è stata infatti scagionata dalle accuse di aggressione nei confronti di un'operatrice anti-droga. Tuttavia non sono le uniche a pendere sulla sua testa: Naomi sta ancora attendendo il verdetto di una corte di New York, chiamata a giudicare le medesime imputazioni mossale dalla sua (ormai ex) domestica. Insomma povera Naomi, tutti a voler approfittare del suo unico punto debole. Ma dove andremo a finire di sto passo se non possiamo più nemmeno tirare gli oggetti in testa alle persone che ci stanno antipatiche…

06 dicembre 2006

Nuove delusioni notturne del marketing

Che delusione. 9 giorni fa c'erano curiosità, interesse, una divertita ammirazione. Sensazioni che hanno dovuto far posto a una delusione crescente maturata di giorno in giorno, vissuta in linea diretta sulle pagine del Corriere. Ora lo sappiamo non è merito della ATM. Peccato sarebbero stati degli autentici pionieri.
Ora sappiamo molte altre cose: sappiamo per esempio che la bella ragazza nella foto risponde al nome di Lisa, o, almeno, così ci hanno detto. Sappiamo che è una studentessa patavina ma di pisane origini. Sappiamo che sotto sotto il marketing c'è e si sta svelando in tutto il suo ambizioso progetto. La poesia sparisce, l'idea buona, concediamoglielo, resta. 9 giorni fa non sapevamo nulla e nulla sapevano i passeggeri di quel magico metrò. Tutti a interrogarsi, tutti a stropicciarsi gli occhi divertiti da quel mix di latex e sensualità. Nessuno di loro sapeva spiegare il fatto. La curiosità non ha pazienza, la curiosità preme, la curiosità ti porta su google. Un paio di giorni di click sono bastati perchè su quel magico metrò si palesasse la presenza di un cronista, o meglio una cronista (e per essere precisi del Corriere, guarda un po' te le coincidenze). Le nuove indiscrezioni del privilegiato testimone alimentano la cupidigia del curioso e allora eccolo accontentato: un paio di giorni ancora e arriva una prima immagine rubata, scattata dal videofonino del Sig. Chissachì. E' lei, la si vede, bella e sexi non sembra affatto frutto di fantasie ectoplasmiche; la foto narra agli occhi più di mille descrizioni ben congegnate. Ormai la cronista non è più sola e un collega completa le sue rivelazioni con l'indagine approfondita: lo scoop va inseguito è un obbligo morale oltre che professionale. Qualche ora e spunta un numero di telefono. Qualche ora ancora e il curioso può cibarsi di appetitosi assaggi della telefonata. E i contatti s'impennano per la felicità degli inserzionisti. La macchina non solo è partita ma ormai ha già scaldato per bene il motore, ma mentre il curioso affamato attende alla porta la definitiva rivelazione il clamore lo colpisce alle spalle. La TV sopita nell'attesa del proprio turno sfodera repentina il filmato. La prova schiacciante. Il dato definitivo, probatorio. Il filmato non lascia dubbi: anche chi non gioca abitualmente con i frame è in grado di discernere che si tratta di un manufatto. In bella evidenza trova poi soddisfazione il marchio di fabbrica, il nuovo brand, il link. L'operazione di marketing si avvia al proprio appagante orgasmo. La sigaretta post coito la fumerà in prima serata, non c'è dubbio.

04 dicembre 2006

Come ti ricarico la ricarica

Le catene di Sant’Antonio sono una gran scocciatura ammettiamolo. Tutti ne abbiamo avuto in vita la fastidiosa esperienza. Si va dalle e-mail/fattura del tipo "inoltra questo messaggio ad altre dieci persone oppure non scoperai più per il resto della tua vita" , alle accorate richieste d'aiuto per un bimbo affetto da una malattia rara, ai messaggi che promettono lauti guadagni semplicemente versando qualche spicciolo sul conto di un barbone russo. Non so voi, ma personalmente credo di riceverne in media una al giorno che puntualmente cestino ancora prima d’averne letto il contenuto per intero. Tuttavia il prezioso sistema del passaparola ha un gran vantaggio: quello di aumentare in breve tempo e a macchia d’olio il numero delle persone informate sulla questione. Nella massa informe di materiale spam che intasa quotidianamente la mia casella circa un anno fa la mia attenzione fu catturata da una mail che mi chiedeva di firmare una petizione per l’abolizione dei costi delle ricariche telefoniche e di inoltrare il messaggio a quante più persone possibile.Dal momento che la questione è una di quelle che non riesco proprio a mandar giù da quando ahimè sono entrata nel tunnel della telefonia mobile, non ho avuto alcuna esitazione: ho firmato e inoltrato il messaggio a tutta la mia modesta rubrica.
Oggi, 12 mesi dopo, vengo a sapere che quella petizione ha raggiunto le 800.000 firme, sottoscritta anche da esponenti politici sia di destra che di sinistra. Eh già pare proprio che le ricariche telefoniche siano indigeste ad un sacco di gente!
Da qui è partita l’indagine di due Authority: le Authority per la Concorrenza e per le Comunicazioni. L’Antitrust e l’Agcom. Altrimenti detti il Gatto e la Volpe.
L’approfondita indagine condotta da esperti di varia natura, coloro che noi rappresentiamo sempre come menti eccelse, ha permesso di arrivare a una illuminante conclusione riguardo i costi delle ricariche: rappresenterebbero "un’anomalia tutta italiana".
Una delle tante verrebbe da aggiungere.
Quanto ci sarà costata questa approfondita indagine?
Le Authority non si fermano qui e vanno oltre auspicando con un linguaggio degno del miglior chirurgo plastico: "un intervento di rimodulazione sul contributo di ricarica dei cellulari […] e ottenere in prospettiva rilevanti riduzioni di tariffe". Parlano come se sapessero solo ora del costo di ricarica. Folgorati come San Paolo sulla via di Damasco (o forse da 800.000 firme di cittadini imbestialiti) si augurano "una revisione, anche totale, del contributo fisso che renderebbe più trasparente le offerte e ne aumenterebbe la comparabilità". Ah! Come è solito dire un mio amico francese: "Sti cazzi!!".
Era sufficiente che dicessero: "le ricariche sono un furto, frutto di un cartello delle società di telefonia mobile in Italia, e vanno abolite". E che aggiungessero: "E’ un’anomalia tutta italiana anche grazie a noi, che prima di muoverci abbiamo bisogno di un calcio nel culo da parte degli italiani".
Voglio quindi rivolgere due inviti.
Il primo a tutti voi: firmate l’abolizione del costo di ricarica; almeno stavolta pare che la catena di Sant’Antonio sia servita a smuovere qualcosa che non sia una maledizione.
Il secondo al Governo: abolisca quanto prima le Authority, la loro funzione di presa per il culo dei cittadini italiani ci costa più delle ricariche.

03 dicembre 2006

Nuove frontiere giovanili del marketing

“Da grande voglio fare l’attrice”. Quante figlie hanno risposto così alla classica domanda di amici e parenti morbosamente interessati al futuro dei piccoli di casa. Un tempo però le attrici facevano i film, ora sono protagoniste dell’immaginario collettivo e per mantenere in vita se stesse, i propri più o meno leciti vizi e la propria immagine non possono permettersi di perdere una sola occasione per essere immortalate. Calendari, rotocalchi, screensaver, fondini per i cellulari… i loro volti e ancor più i loro corpi sono ovunque e guai non partecipare a questi grotteschi rituali. Poi sono arrivate letterine, veline, schedine e modelle varie sedicenti attrici che di fatto nessuno ha mai visto recitare. Però le loro tette e loro culi li conosciamo bene tutti. “Da grande voglio fare l’attrice” assume quindi una nuova dimensione e una piccola ruga di preoccupazione si fa spazio sulla fronte del padre di turno che già vede le candide carni della sua piccola far bella mostra di sé nell’abitacolo di uno Scania. “Da grande voglio fare l’attrice” lo continuava a ripetere anche una tredicenne di Ascoli decisa a far fruttare gli apprezzamenti dei compagnucci di scuola. Con grande spirito imprenditoriale la ragazzina è diventata ben presto impresaria di se stessa e ha fatto da sola quello che le sue colleghe più famose fanno solamente con il consiglio di fior fior di esperti di marketing e comunicazione. Ha visto i compagni divorare con occhi traboccanti cupidigia le pagine dei calendari e ha capito da sola cos’è quella cosa che fa girare il mondo; ha avviato una fiorente attività basata sulla propria immagine. Il tariffario era stabilito, e già c’era chi sfruttava la sua popolarità caricando sui prezzi che lei aveva generosamente mantenuto favorevoli per i suoi coetanei. Scattava su richiesta, faceva tutto da sola risparmiando anche sul costo del fotografo. Non servivano neppure apparecchiature particolari o costose, era sufficiente il semplice cellulare regalato dalla mammina e un mms. Le location erano degne del miglior film hard: la cameretta, il parco giochi dietro casa, i banchi di scuola… nemmeno la fantasia di Lachapelle avrebbe prodotto di meglio. Peccato (per il suo business) che tutto questo nella legislazione del mondo degli adulti sia pedopornografia. Le accuse per lei e per i suoi fans non sono lievi, tuttavia non credo sia questo l’aspetto rilevante della vicenda che va invece ricercato tra i modelli propinati dai media, eletti, loro e nostro malgrado, a ruolo di educatori.Ciò che ora non posso esimermi dal chiedere è: secondo voi con quale espressione il padre della piccola Eva Henger avrà accolto la notizia sulle attività extrascolastiche della figlia? Avrà detto “mia figlia è una zoccola?” o come probabilmente avrei detto io “mia figlia è un genio!”?

30 novembre 2006

Nuove frontiere notturne del marketing

È una notte buia ed umida. C’è un’aria sottile che taglia un po’, ma non c’è ancora freddo. Siamo a fine Novembre, ma il clima è ancora clemente. La passeggiata è ormai conclusa ed è giunto il momento di scendere sottoterra. L’ora è quella delle fate. Luci al neon fredde ti accolgono nel luogo alienante per eccellenza. Un grosso ascensore in cui gli strani incontri non si contano. Difficile che restino impressi, difficile ricordarsene una volta riemersi in superficie. Alle volte però si è testimoni di fatti eccezionali, alle volte capita qualcosa di straordinario, di strano, o quanto meno di imprevisto. In quei casi si esce con qualcosa in tasca, con un’esperienza, magari un aneddoto da raccontare agli amici il giorno successivo. Il mugugno si ferma, le porte scivolano e altri ospiti si aggiungono. Tra loro una donna coperta da un lungo cappotto nero attira gli sguardi non solo per il suo aspetto, ma perché accompagnata da uno stereo portatile. Niente violini scartavetrati e nemmeno fisarmoniche con i tasti rotti, ma un noto motivo rock. La donna si avvinghia a un palo di sostegno e comincia la sua danza sensuale. Il disorientamento dei presenti si trasforma rapidamente in compiaciuto stupore e cominciano a rimbalzare i primi interrogativi commenti. La donna non si ferma, ondeggia sinuosa e mostra ad arte le sue carni. Danza, e leggiadra lascia sfilare a terra il cappotto, e i pochi abiti. Provocanti intimi suggellano l’allusione. L’incredulità ha ormai ceduto il posto al divertito consenso degli astanti che hanno smesso di ricercare spiegazioni. Il lungo ululato si interrompe nuovamente. Anche la musica si ferma e gli abiti vengono raccolti. Le porte si ripetono e lasciano strada come un sipario. Un inchino pone fine al breve spettacolo. Un piccolo contributo per lo sforzo viene chiesto a chi ha assistito prima che la notte si riprenda la propria creatura. I sorrisi e i commenti proseguono fino al capolinea con la consapevolezza di aver partecipato ad un evento straordinario. Qualcuno sognerà la donna del mistero, la gatta che entra, danza ed esce, qualcuno il giorno dopo se ne ricorderà ancora. Altri giureranno fedeltà al noioso mezzo di trasporto ed è in quel caso che il progetto di marketing vincerà sulla diffidenza dei suoi detrattori. Brava ATM, finalmente mi hai convinto a prendere la metropolitana: alla fine il biglietto d’ingresso costa un euro e l’attesa animata dalla speranza vale il sacrificio.
Ma se l'esercizio reclamizzato non fosse quello della pubblica locomozione?

27 novembre 2006

Schede bianche, brogli e malori.

“a pensar male si fa peccato, però ci si azzecca!”
Giulio Andreotti.

Ieri a Montecatini l’ex-presidente del consiglio Silvio Berlusconi è stato colpito da un malore che tuttora lo costringe ad un ricovero forzato all’ospedale San Raffaele di Milano. I pareri medici ci tranquillizzano comunque sullo stato della sua salute; d’altra parte era da aspettarselo, dopo cinque anni di duro lavoro, di impegni serrati, costretto a dividersi tra i ruoli istituzionali e quelli privati, onnipresente dai campi di battaglia politica a quelli calcistici. Per cinque anni lui è stato presente e lo è stato per ognuno dei suoi concittadini. Tutto quello che ha fatto lo ha fatto per gli italiani. E questi come l’hanno ripagato? Non rinnovandogli la fiducia e permettendo alle sinistre di governare il paese. Un calo fisico, oltre che un contraccolpo psicologico, è naturale, fisiologico e sacrosanto. Il caso vuole che sia successo proprio durante uno dei suoi impegni pubblici, uno dei suoi convegni, una di quelle occasioni durante le quali riesce a far sfoggio delle sue doti di grande comunicatore. Ancora il caso, quanto mai beffardo, ha voluto che tale convegno cascasse proprio in una settimana un po’ strana, durante la quale un piccolo focolaio di polemiche cominciava ad aprire la strada ad alcune malelingue. Sospetti, dubbi e perplessità originate da un documentario del giornalista Enrico Deaglio. Verità o spudorate menzogne? “Accuse pesanti” secondo alcuni, “bufale” secondo altri, “rivelazioni inquietanti” a detta di altri. Ne maggioranza ne opposizione tuttavia sembrano essere interessate a scoperchiare quest’altro vaso di Pandora. Tant’è che la prima notizia dei tigì in questi giorni è il bollettino medico, peraltro ci tengo a precisare rassicurante, uscente dal San Raffaele.

Nessuna notizia sui possibili brogli avvenuti nelle ultime elezioni.

Lo scoop che ogni giornalista vorrebbe fare, il fattaccio potenzialmente più losco e fetido della storia della Repubblica Italiana e nessuno ne parla. Secondo quanto emerso dalle indagini del redattore di Diario la destra dovrebbe essere accusata di tentato golpe elettorale, e la sinistra di essersi evidentemente con essa accordata per celarne le imbarazzanti conseguenze. Tutti uniti per il bene degli italiani. Che ruolo ha l’informazione in tutto questo? Forse è meglio non chiederselo.

To be continued…


24 novembre 2006

Carne in offerta

Nel calderone delle polemiche di queste ultime settimane riguardanti una TV spazzatura , una TV urlata, una TV volgare mi ha colpito lo scontro avvenuto fra tre donzelle protagoniste proprio di questa televisione.
Le generalità delle tre sono pressochè irrilevanti anche perché sono sicura saranno sconosciute ai più , diciamo comunque per onore di cronaca che stiamo parlando rispettivamente della fidanzata di Piersilvio Berlusconi , la fidanzata di Flavio Briatore e la fidanzata di Andrea Perrone. Chi? L’ex marito della Ferilli. Ah! Così è più chiaro a tutti, no?
Succede che la Berlusconina dalle colonne di un quotidiano, lancia una provocazione diretta alle due colleghe, ree di sfoggiare in modo eccessivo le loro grazie.Un'indigestione", "un'abbuffata", una "apoteosi della scollatura" così esordisce la bella che si dimostra sinceramente e quasi ingenuamente indignata per il look fuori luogo delle altre due soubrette. Chiudo il giornale senza badare molto all’esternazione di quest’ultima paladina della moralità senza però malignamente pensare che o è tutta invidia da parte di una che ha ben poco da mettere in mostra oppure che ora fattasi forte del suo fidanzamento, con conseguente carriera, vuole riscattare il suo ruolo e sale in cattedra. Perché diciamolo, la ragazza nasce come letterina a Passaparola e non è certo divenuta famosa per le sue doti intellettive.
Alcuni giorni dopo però, complici una giornata uggiosa e un compagno lontano per lavoro, mi ritrovo a passare la domenica pomeriggio a esercitarmi in quella che credo sarà la specialità olimpica del futuro: lo zapping.
Saltando con acrobazie degne di Fosbury, mi imbatto in una di quelle trasmissioni per famiglie, dove tra un risultato di calcio, un consiglio medico e una ricetta di cucina, mi compaiono in tutta la loro giunonica beltà le due conduttrici pizzicate dalla Berlusconina.
Eccole lì le due in primo piano, giulive, con scollature abissali e quattro tette notevolissime (vere o finte non importa) appoggiate sul banco come quarti di chianina in offerta dal macellaio.
Devo riconoscere che in fondo la ex-letterina non ha tutti i torti. E’ difficile non essere tentati di accostare quest’ immagine a quella di due sani ruminanti al pascolo.
Scene come queste si vedono ormai tutte le settimane, tutti i giorni, e noi telespettatori neppure più ci accorgiamo se le protagoniste della Tv sono spesso signore "pervestite", agghindate in maniera quasi demenziale pur di mettere in bella mostra le loro carni.
Quindi per rispondere alla domanda che la Berluschina si pone nella sua riflessione e cioè se è davvero necessario esibire con tanta spregiudicatezza il proprio corpo per far ascolti, per far carriera o per accaparrarsi più fans possibili, è lecito rispondere che non so se è necessario ma di certo, se è più e più volte messo in pratica, a qualcuno qualcosa porterà.

17 novembre 2006

Icona sexy addio!

Miei cari uomini rassegnatevi!
Cala il sipario su una delle icone più desiderate del vostro immaginario erotico: dal 15 novembre l’hostess dell’Alitalia porterà i pantaloni. Non tutte, non sempre, ma lo potranno fare.
Se avete spiato le loro gambe, mentre premurose vi rassicuravano di stare tranquilli o se il soave fruscio delle loro calze ha cullato i vostri pensieri ad alta quota, cari viaggiatori preparatevi ad un brusco atterraggio.
La decisione è stata presa con determinazione dalla componente femminile del sindacato al termine di una trattativa durata per decenni. Sentendosi penalizzate rispetto alle loro colleghe delle maggiori compagnie d’Europa e del Mondo, le hostess dell’ex compagnia di bandiera hanno finalmente vinto la loro battaglia termica.
Ebbene si perché di una questione di temperatura si tratta. I pantaloni diciamolo sono senz’altro più pratici, più comodi e più caldi di una gonna e l’immagine dell’hostess fragile e infreddolita, stretta nel paltò con la sottana svolazzante e le décolleté sprofondate nella neve di Mosca è semplicemente sorpassata ed assurda.
Ma più assurda sembra essere soprattutto la motivazione con cui Alitalia negava questa possibilità: al cliente piace vedere l’hostess in divisa classica. Secondo la dirigenza Alitalia quindi l’hostess dovrebbe, per piacere dei viaggiatori, incarnare davvero quell’icona sexy dell’universo maschile. Gonne al vento e gambe in mostra capaci di far impennare, oltre agli attributi maschili anche i voli
Tutta questione di marketing insomma.
E succede anche nel resto del Mondo, in Venezuela per esempio le divise delle hostess sono senz’altro una fonte di ispirazione per la fantasia dei maschietti: stivaloni e minigonna. Negli USA una compagnia aerea nel 2002 ha ingaggiato ragazze in shorts e canotta. Peccato però che la stessa compagnia, proprio quest’anno ha ridotto i propri voli, a dimostrazione che certe strategie di marketing non sempre funzionano.
Quindi miei cari maschietti intraprendenti permettetemi un consiglio: se "distrattamente" fate sporgere la vostra mano verso il corridoio, al passaggio di una di questi angeli delle nuvole e sentite sotto al ginocchio un tessuto lanoso, fate attenzione, perché potrebbe pure essere lo steward.

16 novembre 2006

Oggi interrogo!

Vorrei rivolgermi ai miei amici maschietti. Alzino la mano quanti di voi da piccoli erano innamorati della propria maestra. D’accordo, si trattava di un amore platonico, non c’era attrazione fisica, fattore questo che avete scoperto soltanto qualche anno più tardi… quando avete evinto pure che il fascino della vostra maestra era più vicino a quello di una cozza d’allevamento lagunare che a quello di un essere vagamente connesso con il genere femminile. Conclusi i complicati studi elementari siete giunti alle medie per adempiere all’obbligo che vi vedeva ancora intellettuali per i tre (o più) anni canonici. Anche qui avete trovato qualche simpatia nel corpo insegnante… ammettetelo. Ci sarà stata una profe più attraente di altre o che aveva quelnonsochè che voi giovani virgulti in preda all’acne e alle prime tempeste ormonali avete preso come spunto per le vostre polluzioni notturne. Ben presto però finiscono le medie e aumentano l’acne. Come disse il buon vecchio Max, si passa dal tempo delle mele all’inferno delle pere. Ma le pere che vi ossessionano sono altre. Sono quelle della supplente di matematica neo laureata che si diverte a farvi calcolare la funzione relativa all’aumento proporzionale del vostro sudore ad ogni sua caduta di gessetto. O piuttosto sono i movimenti atletici e armonici della snodata profe di educazione fisica, con la quale già sognate varianti sul quadro svedese, spalliere e parallele. Per tacere di quell’enorme materasso blu…

Tutto questo però rimane un sogno ed ancora oggi, se ci ripensate, il vostro sorriso nostalgico si fa un pochino amaro rimuginando su quelle fantasie mai concretizzate che come nuvole di vapore svaniscono solamente in tanti “se avessi detto…”, “…se avessi fatto”.
Oggi quelle fantasie che non avete mai avuto nemmeno la forza interiore di affrontare apertamente con voi stessi, qualcuno le ha realizzate. E pure costretto! I tempi sono decisamente cambiati.
Oggi capita che quelle fantasie non sia più lo studente brufoloso a farle, ma la profe. L’insaziabile, rigida e severa profe. Come nella migliore tradizione del vero film d’autore italiano (per chi non l’avesse capito la commedia erotica all’italiana degli anni Settanta) oggi succede che in Brianza un’insegnante, una novella Edwige Fenech con occhialini e tailleur, costringa tre studenti a disertare la lezione di ginnastica per potergli impartire delle ripetizioni personalizzate (applicava forse i principi di customer satisfaction?). Oggi succede che la collega della succitata profe, indispettita dal fatto di non essere stata invitata al menages cerchi in tutti i modi di sabotarlo fino ad avere la prova evidente del suo sospetto: non era stata invitata all’orgia. Inviperita per l’accaduto denunzia la già ex-collega ed oggi accade che tale denuncia è presa sul serio. Oggi accade che la nostra beniamina (beh almeno mia) venga additata come un mostro, una persona gravemente disturbata ed allontanata seduta stante dall’istituzione scolastica senza nemmeno aver chiesto l’opinione degli studenti, anche solo quella dei tre coinvolti, quali ristretta ma rappresentativa minoranza del popolo studentesco. Oggi accade che l’unica insegnante che aveva realmente preso a cuore l’educazione e la formazione dei propri alunni venga paradossalmente ritenuta una cattiva maestra di vita, un esempio da evitare, un soggetto da internare. Nessuno in realtà aveva capito che lei, povero docente precario, stava soltanto difendendo il suo salario dall’inflazione (Gianna Gianna Gianna…) attirando nuovi avventori alla sua bottega. D’altra parte il primo assaggio non è gratis?

Insomma, morale della favola: i tempi sono cambiati, il sesso è cambiato, le insegnanti sono cambiate, le colleghe invidiose invece non solo non cambiano ma sono pure più stronze ed io ho sempre sbagliato scuola.

15 novembre 2006

Ai nostri "cari" defunti

“All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro?”

Oggi è già tanto se un urna riesci ad averla!

I giornali della scorsa settimana riportavano la notizia che solo a Genova, nell’obitorio dell’ospedale di San Martino, che serve tutta la città, i defunti senza sepoltura hanno raggiunto il 30%.
Persone morte in casa, per lo più anziani, vittime di incidenti, sciagurati che hanno finito i loro giorni in ospedale; tutti come pacchi depositati nelle camere mortuarie e non reclamati che diventano “salme senza interesse”. Interesse di chi se non dei parenti! Parenti che evidentemente o non ci sono o che non hanno intenzione di farsi trovare. Parenti che (magari) prima controllano il conto in banca del caro defunto e che poi, se non ci trovano niente, si tirano indietro (magari).
Capirai – starete pensando – un genovese non tirerebbe fuori un centesimo per un vivo figuriamoci per un morto! Il luogo comune sulla spilorceria genovese potrebbe far pensare si tratti di un fenomeno tipico del capoluogo ligure ma i dati sono pronti a smentirci: le percentuali dei morti dimenticati nelle altre città del Bel Paese è in aumento. Potrebbe quindi trattarsi di una moda? O che tutto sia da imputare ad un allarmante fenomeno di caro-esequie? A questo proposito viene a chiedersi ma chi paga per tutti sti morti scrocconi? Nel caso di Genova è il comune che se ne fa carico, tanto che ha istituito una polizza sepoltura. E allora me lo immagino il nonnetto che mi abita di fronte, preoccupato di rimanere senza funerali che investe una parte della sua già misera pensione in una polizza per il futuro, raccomandandosi magari a chi di dovere che quel giorno ci siano le gardenie rosse, ricordo del suo primo amore e che venga suonata la messa da requiem di Verdi.
Dove è finita la pietas di foscoliana memoria? Quella celeste corrispondenza, quello scambio d’affetto tra vivi e morti che proprio il sepolcro mantiene vivo?
In questa società dove va tanto di moda il precariato, sembra siamo destinati ad essere precari anche da morti.

Bianca Candida Herrìa

Eroi per caso

Ho un dubbio amletico così apro il Garzanti e cerco la voce EROE.

Definizione:

1 nelle civiltà primitive, figura mitica, essere eccezionale al quale la comunità attribuisce imprese prodigiose | nel mito classico, uomo nato da una divinità e da un mortale, dotato di eccezionali virtù e autore di gesta leggendarie

2 chi dà prova di straordinario coraggio e abnegazione, spec. in imprese guerresche; chi si sacrifica per affermare un ideale.

Bene. Ora, un recente sondaggio condotto dal TG1, chiedeva agli italiani se sanno ancora indicare un eroe. Il risultato è che, almeno al primo sguardo il paese è rimasto un po’ bambino, legato ai ricordi della scuola.

Il primo eroe in assoluto che ci ricordiamo è infatti l’eroe per eccellenza:Giuseppe Garibaldi. Quello dei due mondi che magari tanto eroe non è, ma piuttosto uno sciagurato bandito massone, per i leghisti. Il secondo Alessandro Magno, il quarto Giulio Cesare. Sempre in tema di scuola, non compaiono in graduatoria nessuno dei grandi eroi dei romanzi russi come il principe Andrej di Guerra e Pace o l’ Anna Karenina dell’omonimo romanzo conseguenza forse per quell’avversione verso certi mattoni che anche il più volenteroso secchione non riuscirebbe a digerire.
A dimostrazione però che la realtà martellante dei media resta più impressa nella mente rispetto alle sbiadite reminiscenze scolastiche, nella lista degli eroi troviamo il carabiniere Salvo D’Acquisto (terzo posto) e il giudice Falcone ai quali sono state da poco dedicate delle fiction. Potere del tubo catodico.

Conforta invece sapere che una parte degli italiani abbia partecipato foss’anche lontanamente ai grandi sogni del Novecento per cui il Che è quinto, Marthin Luther King sesto e Gandhi settimo. Se non loro che hanno combattuto e sono morti per un ideale chi possiamo chiamare eroi?

Ecco appunto sorgere il mio dubbio. Tra gli eroi contemporanei si aggiudica il primo posto Papa Giovanni Paolo II, la cui presenza in classifica era prognosticabile, ma il risultato che sorprende veramente riguarda tutto il secondo gradino del podio dal quale si erge il Silvio nazionale... avete capito bene, proprio il Cavaliere. Se la notizia non vi sorprende abbastanza forse è il caso di segnalarvi che l'ormai ex-premier ha preceduto sul traguardo Madre Teresa di Calcutta, giunta ahimé soltanto terza...
Probabilmente in quest’aura santificante molti concittadini ci vedono benissimo colui il quale è stato unto dal Signore.
Che poi a ben guardare Silvio ha davvero sacrificato la sua esistenza per combattere il nemico comunista, è sceso in campo per noi una prima volta e poi, seppur restio a ricandidarsi si è sentito in obbligo con il popolo italiano che evocava la sua divina presenza. Ha compiuto gesta straordinarie: promettere ponti, strade, ferrovie senza aumentare le tasse; ritoccare bilanci; cambiare leggi per l’interesse di tutti.Ha lottato fino all’estremo delle sue forze contro una magistratura che voleva distruggere le sue imprese (nel senso di aziende)
Un essere di questo calibro è quindi, senza ombra di dubbio, una persona dotata di un incommensurabile coraggio. Un dato di fatto che non possiamo negare. Per questo mi unisco con quella percentuale di italiani che lo hanno decretato un eroe contemporaneo e propongo addirittura la candidatura in ex equo di Giulio Tremonti. Perché? La finanza creativa non è un impresa prodigiosa?

Bianca Candida Herrìa

10 novembre 2006

Tutta colpa della maggioranza

Gaber qualche tempo fa canticchiava tra uno shampoo e l’altro “che cos’è la destra? che cos’è la sinistra?”. Se per caso non avete mai avuto la fortuna di imbattervi nell’ascolto fortuito del brano citato vi invito ad una rapida ricerca, ne vale davvero la pena. L’attualità delle parole del cantautore milanese mi rimbombano in testa ogniqualvolta mi trovo a pensare tra me e me: “che cos’è la destra? E che diavolo è la sinistra?”. Lungi da me il voler addentrarmi in un trattato di politica, temo di non averne assolutamente le competenze, ma non posso fare a meno di notare che la divisione tra destra e sinistra non esiste in realtà se non nella scelta di stili di vita. Non so perché ma col tempo ho acquisito la convinzione che i cosiddetti ideali centrino sempre meno, e che in realtà sempre meno persone sappiano veramente ciò che li spinge a dichiararsi di destra o di sinistra. Tra questi mi piacerebbe fossero implicitamente compresi coloro che sul fatto di essere di destra o di sinistra ci campano: i nostri rappresentanti. Si si proprio loro.

Lasciamo perdere poi che destra e sinistra sono evidentemente delle definizioni relative: destra rispetto a cosa? Rispetto alla sinistra suppongo…

“Al primo semaforo svolti a destra” – “Mi passa quella scatola in alto a sinistra?” e via dicendo.

Lo so che si tratta di convenzioni ovvero per essere precisi di un insieme di regole sociali generalmente accettate e condivise, ma io non riesco proprio a tracciare quella linea che sta lì in mezzo, a dividere la destra dalla sinistra per l’appunto. Forse è il sistema di riferimento che mi frega. Mah. Perché se riesco a cogliere cosa differenzia la destra dalla sinistra allora forse riuscirò a dare una definizione ad entrambe. Tuttavia come molti della mia specie mi sento inconsciamente spinto a desiderare l’appartenenza ad un gruppo e quindi un bel giorno mi trovo dinnanzi all’amletico bivio. Sarò di destra o di sinistra? Ma la domanda veramente importante è: ma a qualcuno fregherà mai se sono di destra o di sinistra? Perché sia chiaro, se non posso ostentare la mia compartecipazione al gruppo, il mio desiderio di appartenenza se ne va scemando. Allora da bravo emulatore di immagini sociali corro ad acquistare un bell’eskimo, per un po’ non mi taglio i capelli né tengo in ordine le scarpe e assumo un’aria vagamente impegnata. Poi un bel giorno m’innamoro di una ragazza proprio carina che guida una Smart color argento/fucsia-rossetto-glitter ed allora provvedo subito a sbarbarmi e a vestirmi come-si-deve. Tutto questo per arrivare a ciò che mi ha turbato e spinto a questa “riflessione”: perché c’è gente che si ostina a spedirmi mail a sfondo politico? Perché mai dovrei provare alcun tipo di interesse verso un nuovo subdolo metodo di propaganda politica che prevede simpatiche vignette, foto ritoccate e scritte animate che mi dicono quanto sia in fallo la maggioranza? Non a caso uso il termine maggioranza, perché adesso che al governo (e non al potere…) c’è un gruppo di persone che si professano di sinistra mi arriva parecchio materiale informativo di stampo evidentemente destrorso, mentre qualche mese fa le cose andavano diversamente: mi scrivevano carichi di emozioni e nozioni gli amici di sinistra per indicarmi cosa stava combinando la destra… Da quanto giunge nella mia casella di posta avvinco quindi che la colpa è sempre e soltanto della maggioranza.

07 novembre 2006

Tanto per cominciare


Signore e signori, ladies & gentlemen ecc ecc. Inutile dilungarsi in presentazioni peraltro prive di reali significati. Questo è il primo post di questo blog. E questa è l'unica ragione per cui è stato postato. Da qualche parte bosognerà pur iniziare, non vi pare? Non credo sia appropriato dunque addentrarsi in forbite argomentazioni sulla reale utilità di questo ennnnnnesimo blog o su quali siano le intenzioni di chi scrive. Non c'è motivo.
Nessun motivo che valga la pena essere annunciato in maniera tanto clamorosa. Tanto più che questo post sarà letto con buona probabilità soltanto da chi scrive... conoscete forse masturbazione maggiore? A presto.