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20 gennaio 2009

Kakà e i valori nel calcio

Kakà ha detto no ai soldi. Il Milan, pure. Di comune accordo? Pare di sì.
Milanisti o non, tutti i calciofili hanno tirato non uno ma due sospiri di sollievo. Il primo perché il nostro prestigioso campionato non sarà costretto a privarsi dei pregiati piedini del brasiliano, il secondo, e ben più profondo, perché questa storia dimostra che nel calcio italiano, più volte criticato per la mancanza di valori, esiste ancora chi rifiuta una somma esagerata di denaro per rimanere con la squadra che ama, con il paese dove si trova bene, con la gente, i tifosi per i quali lui è una bandiera.
Già e a ricordarci tutte queste belle cose è stata la società di Berlusconi, chi l'avrebbe detto? (A quanto pare non riesco a non nominarlo, come neppure un solo telegiornale intervenuto sulla vicenda).
Tutta l'Italia oggi si è dunque svegliata orgogliosa di Kakà, il ragazzo dall'immagine pulita, cristallina, che non poteva andarsene così, come un comune mercenario. Ha rinunciato, e il Milan con lui, a cifre enormi per rimanere tuttavia non in una squadra di promozione, ma in una delle più ambite piazze calcistiche. Forse varrebbe la pena ricordare che il ragazzo non se la passa poi male nemmeno qui in Italia, dove è coccolato da pubblico e sponsor e inseguito dai pubblicitari e dagli stilisti. E ora lo sarà ancora di più! Certo avrebbe potuto andarsene, ma non direi che rimanere sia un sacrificio, anzi. Guadagnasse 1.500 euro al mese lordi, sarei il primo a dargli del pirla, ma dato che il suo ingaggio da 9 milioni di euro lo pone già come il calciatore più pagato del mondo, forse il buon Kakà ha semplicemente preferito la cucina italiana al fish and chips di Manchester.
Il City poi... non me ne voglino i tifosi inglesi, non è neppure lo United...

p.s.: il buon Kakà ha detto di aver pregato tanto affinché Gesù lo aiutasse a prendere la decisione giusta. Ah, avessi anch'io i problemi di Kakà, magari mi avvicinerei di più alla beatitudine... terrena e divina.

13 giugno 2008

Ci giochiamo tutto sulla distanza

Per tutti quelli che si fossero messi in ascolto solo ora, ho una notizia da darvi: sono iniziati gli Europei di calcio 2008. Svizzera e Austria, le nazioni che ospitano la manifestazione. Purtroppo l'esordio della nostra Nazionale non è stato dei migliori: una pesante sconfitta per tre a zero con l' Olanda e hanno preso il via critiche, commenti, valutazioni da parte di esperti e non (più NON per la verità) sulle cause della Caporetto italiana. Anche io, da esperta ignorante di calcio, ho voluto fare la mia diagnosi. Responso: i nostri giocatori hanno semplicemente sofferto di stress da viaggio. Ritiro degli Azzurri, Baden (Austria), Prima partita, Berna (Svizzera). Consultando la guida Michelin on line, scopro che le due ridenti località distano la bellezza di 869 km. Quei sempliciotti degli olandesi invece, hanno scelto come sede del ritiro, Losanna. Losanna (Svizzera) - Berna (Svizzera) 106 km. L'Italia si è trasferita a Berna, in aereo, con un volo di prima classe e tutti i confort che una Nazionale campione del Mondo necessita. Gli olandesi? Un banalissimo pullman. Non sarà che l'Olanda ha scelto il proprio ritiro in Svizzera perchè tutte le partite del girone C, lo stesso dell'Italia fate bene attenzione, si svolgeranno tutte in terra svizzera? Mah! Sarà anche che uno degli sponsor ufficiali della Nazionale è la FIAT e che in un immenso cartellone pubblicitario, piazzato davanti a Casa Azurri, una immaginaria linea blu unisce virtualamente Italia, Austria e Svizzera, ma si vede anche a occhio nudo che qualcosa non va. Ok l'obiettivo dello sponsor sarà anche quello di fare tantissima strada, ma in sostanza, noi italiani, siamo andati a est invece che a ovest, come se guidasse un ubriaco. Ecco spiegata la defiance della prima partita: i giocatori soffrivano di evidente malessere da jet leg. Con molta probabilità chi ha scelto l'Austria come sede del ritiro azzurro, ha calcolato che Baden dista solo 36 km da Vienna, sede della finale. Peccato che non abbia calcolato anche le difficoltà per arrivarci alla finale. A proposito Firenze - Berna sono 650 km, se l'Italia fosse rimasta a Coverciano avrebbe fatto meno strada.

10 maggio 2007

Pazza Inter... ora ti riconosco

Una volta mi proclamavo interista, e lo facevo per giunta con orgoglio, a testa alta, perché la mia era la squadra che i torti arbitrali li subiva (beh quasi sempre...). Poi c'è stato IL mondiale e tutti siamo diventati tifosi, tutti insieme appassionatamente a cantare l'inno nazionale, tutti a scoprire di appartenere a un popolo. Finalmente l'Italia si è sentita una nazione unita. Niente più sterili polemiche nord-sud, destra-sinistra, autoctoni o extra, morigerati od omo. Poi fu la volta delle sentenze su calciopoli e il Belpaese è tornato a dividersi: anti-Moggi, tanti, e pro-Moggi, pochi ma convinti. La conseguenza a tavolino fu lo scudetto assegnato all'Inter. Il 14° della sua storia, il secondo della mia memoria. Ricordo quanto esultai nel lontano (sigh) 89... Tanta attesa, tante difficoltà, tanti volti e altrettanti nomi passati sulle spalle di quella casacca, campionati giocati fino all'ultimo nella speranza di agguantare l'ambito trofeo, polemiche ed ectoplasmatici rigori(chissà perché fantasma poi, io li vedevo benissimo), promettenti vittorie e sonore batoste, goal da cineteca e risultati tennistici, e su tutto aleggiava l'irreparabile onta del derby. Lo scudetto vinto a tavolino è stato per me una delusione atroce, l'ennesima da mite interista. Tanta fatica, tanto sudore per scoprire, o meglio per avere la conferma, che tutto, ma proprio tutto, altro non era che una clamorosa presa per il culo. Bene, da italiano ci sono abituato, ma un po' di amarezza rimane. Si arriva dunque al più recente campionato, la marcia trionfale dell'Inter com'è stata definita da alcune eccelse menti ed io non ho seguito praticamente nessuna partita. Inizialmente perché ripudiavo il sistema, in seguito anche, lo ammetto, per scaramanzia. Guardavo la "mia" squadra con la coda dell'occhio, sbirciando i risultati soltanto alla fine delle gare. Alla fine ho esultato, sì, lo ammetto. Ho esultato ma con tono dimesso. In tutti questi mesi infatti non sono riuscito a riappassionarmi al nostro beneamato campionato di serieAtim, mi spiace, non ce l'ho proprio fatta. Semplicemente percepivo una crescente difficoltà nel riconoscere quella squadra così determinata e vincente con l'Inter che avevo lasciato prima dei mondiali. Nessun risultato altalenante! Vittoria dopo vittoria, una vera schiacciasassi. E per il tifoso nessun patema. Mi spiace ma io non ci sto! Se devo essere interista, almeno lasciatemi soffrire.
Stamattina apro il giornale e scorro le marcature della partita di ieri sera... finalmente la mia Inter è tornata!