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13 dicembre 2007

Non l'avrei mai detto

Non avrei mai detto che dirigenti Rai potessero agire secondo pressioni di poteri politici ed economici del tutto esterni alla loro azienda, tanto nella scelta di cosa trasmettere quanto in quella di chi assumere e chi cacciare. Non avrei mai detto che potessero “provinare” la Tale o il Talaltro su suggerimento di chi possiede il principale network privato e che, per giunta, consiglia a sua volta su indicazione di diplomatici anche di opposto schieramento politico in previsione di accordi futuri. Faccio un favore a te così tu devi un favore a me: un ragionamento che odora d’italianità più dell’Inno di Mameli. Sarà per questo che non stupisce e non offende. Sarà per questo che riusciamo a usare l’espressione corruzione senza collegarla alla parola reato. Non l’avrei mai detto che questo metodo potesse prevedere l’impiego di ingenti somme di danaro. Investimenti per il futuro, si capisce. Come non avrei mai detto che un senatore potesse rifiutare un corteggiamento da due milioni di euro in cambio di una giornata di ferie. Capisco invece che a ricusare possa essere solo chi non è avvezzo alle italiche pratiche perché eletto in Oceania. Là, in fondo, ci sono i canguri e le cose vanno in maniera diversa. Chi è uomo di mondo invece, o meglio italiano del mondo, certi meccanismi li conosce e capisce quando un’offerta non si può rifiutare. Si rende immediatamente conto che per cinque milioni di euro anche un partito può essere in vendita, specie se la fattura te la firma un uomo di rinomata sudorazione e di addolorata loquacità. Non l’avrei mai detto poi che una volta vinti i mondiali di calcio, Forza Italia avrebbe dovuto cambiare ragione sociale e che il nome del nuovo club sarebbe stato Popolo della Libertà, come non avrei mai detto che per annunciarlo il suo principale finanziatore avrebbe usato una trasmissione televisiva sempre da lui finanziata e condotta dalla propria “delfina”. Non l’avrei mai detto, che intercettazioni e segreti istruttori sarebbero stati sbattuti in prima pagina proprio mentre il New York Times dipingeva l’Italia come un paese del Terzo Mondo. Con il dovuto rispetto per il Terzo Mondo. Non l’avrei mai detto che gli italiani piuttosto che essere sorpresi e avere i conati di vomito potessero preferire lamentarsi d’altro, come dell’esser stati costretti a fare il pieno di benzina all’auto anziché aver fatto due volte venti euro in due giorni. Non l’avrei mai detto che per una volta sarei stato d’accordo con i portavoce forzisti: è vero, questo non è il Cile di Pinochet, è l’Italietta di Berlusconi.


27 novembre 2007

Giustizia televisiva

Non mi piace tornare a parlare sempre delle stesse persone, ma ce ne sono alcune che inevitabilmente finiscono per attirare la mia attenzione. In questo caso mi riferisco al Ministro della Giustizia (nonché sindaco di Ceppaloni) Clemente Mastella, reo questa volta di aver bloccato la messa in onda su RaiUno della fiction "Una vita rubata" in palinsesto per ieri sera, dedicata all'assassinio della diciasettenne Graziella Campagna (in foto).

Antefatto: nel 1985 Graziella, che lavorava in una lavanderia nel messinese, fu assassinata dal boss Gerlando Alberti, per aver involontariamente rinvenuto la sua agenda. Dopo 20 anni di indagini, nel 2004 Alberti, assieme al complice Suteri, fu condannato all'ergastolo, ma i giudici della Corte d'Assise furono così distratti da non depositare entro i termini previsti le motivazioni della sentenza, che venne dunque annullata. Scontata un'altra condanna per traffico di droga, l'Alberti uscì dunque dal carcere soltanto un anno e mezzo dopo, rientrando tra i benificiari dell'indulto. Il caso suscita l'interesse della stampa, e così nel 2006 Mastella incarica un'indagine sul magistrato colpevole di non aver depositato in tempo i documenti, che si conclude con un nulla di fatto.

Il Ministro Mastella ha bloccato la messa in onda della fiction in quanto, parole sue, "avrebbe potuto turbare la serenità dei giudici della Corte d’Assise di Appello che dal 13 dicembre si riuniranno in udienza proprio per il processo che riguarda l’assassinio di Graziella Campagna".

Qualcuno potrebbe invece sospettare che il nostro onorevole voglia prevenire possibili dubbi sull'efficacia della Giustizia Italiana e/o che il tema dell'indulto torni d'attualità in un momento e in un modo a lui scomodo. Insomma meglio che la gente non sappia, anche se si tratta soltanto di una fiction. Una fiction!

Qualcun altro potrebbe invece fantasticare sul fatto che non viviamo in un paese completamente libero, in cui il rapporto tra media e potere politico assomiglia più a un'orgia che alla coesistenza di due entità distinte. Ma queste sono solo supposizioni.