04 ottobre 2007

Io la speranza la butto nei rifiuti

L’emergenza energetica non è che all’inizio. La nostra schiavitù dal petrolio sta per iniziare la sua fase terminale. Il tono apocalittico è d’obbligo: il greggio è arrivato a costare 80 dollari a barile e le previsioni dicono che entro Natale 2008 sfonderà quota 100. Anche la AIE, l’agenzia per l’energia dell’Ocse, lo ha ammesso: entro il 2012 (fra quattro anni!!) la domanda potrebbe superare l’offerta e di conseguenza il mondo si troverà a corto di petrolio. Il quadro non è per nulla confortante. Il capo degli economisti della AIE Fatih Birol ha dichiarato recentemente a Le Monde: “Senza una crescita esponenziale della produzione irachena, nel 2015, quale che possa essere l’offerta dell’Arabia Saudita, il mondo andrà a sbattere contro un muro”. Al momento la stima delle risorse petrolifere, tra nuove scoperte e sfruttamento dei giacimenti già esistenti, non dovrebbe arrivare ai duemila miliardi di barili. Sembra tanto? Non lo è. Ne consumiamo infatti trenta miliardi l’anno, ma la cifra è destinata ad aumentare nell’immediato futuro in maniera esponenziale, tanto da far prevedere alla stessa AIE un consumo nel 2025 di 116 milioni di barili di greggio al giorno. Un’enormità. Buona parte della colpa di questa esplosione è da imputare ai paesi in via di sviluppo come la Cina e l’India il cui boom industriale comporta scompensi sugli assetti economici mondiali. Fonti energetiche incluse. Le nuove economie crescono e sono affamate. Per di più inseguono modelli di consumismo occidentali che, nello scenario che si prefigura, diventano pericolose iperboli proprio nel momento in cui tali modelli mostrano i propri limiti. Non ci sono solo la Cina e l’India, sono molti altri i mercati per i quali si prevede un aumento della domanda, primi fra tutti gli stessi Paesi dell’Opec, che per rispondere alla crescente richiesta interna saranno costretti a diminuire le esportazioni. Non basterà dunque far lievitare il prezzo. In pratica la produzione nei prossimi anni aumenterà, ma non abbastanza da rispondere agli aumenti della domanda che entro breve supererà di gran lunga l’offerta. In questo scenario drammatico si è però acceso il lumicino di una speranza. Si tratta di un’invenzione, una vera invenzione, una di quelle che possono realmente cambiare le sorti del mondo. Al di là della retorica la scoperta dell’ingegner Luciano Patorno, genovese di 63 anni, e della sua socia in affari Nancy Ho (biologa statunitense di 71 anni) potrebbe traghettarci verso un futuro migliore, un futuro sostenibile, senza per giunta intaccare le nostre abitudini quotidiane. I due sono riusciti a convertire in etanolo i rifiuti urbani, dando vita alla migliori delle ipotesi: energia pulita ed economicamente vantaggiosa per tutti, nessun escluso. Ci liberiamo dai rifiuti e produciamo energia, senza affamare il Terzo Mondo. Sembra un’utopia e invece è realtà: in Canada è già in funzione la prima “bioraffineria” progettata dall’ingegner Patorno che produce, partendo da rifiuti ricchi di cellulosa, vero e proprio carburante e lo vende alla Shell. Si tratta di E85: 85% di etanolo e 15% di benzina. Una miscela che con un piccolo ritocco ai motori attuali (niente di rivoluzionario dunque anche per gli amanti del rombo classico) potrà essere utilizzato al 100% dalle nostre vetture, trattandosi di alcol etilico completamente privo di acqua. Non solo: l’E85 presenta un contenuto energetico tre volte superiore a quello dell’etanolo tradizionale ed elimina del 75% la produzione di anidride carbonica, principale causa dell’effetto serra; abbassa del 5-10% le emissioni di ossidi di azoto e zolfo ed è privo di metalli pesanti; azzera le polveri sottili ed è totalmente biodegradabile; infine ha un prezzo alla produzione di 0,30 euro al litro, vale a dire lo stesso della benzina verde e la metà del bioetanolo derivato dal mais. Controindicazioni? Nessuna! E dove sta la fregatura? Per una volta tanto la fregatura non c’è. Il costo di una raffineria secondo Patorno è di circa 65 milioni di euro. In pratica se lo Stato decidesse di costruirne 100 investirebbe circa 12.500 miliardi di lire (in pratica un terzo della finanziaria) liberando per sempre il Paese dalla schiavitù della benzina. Sarà per questo che nessuno in Italia non ha ancora mosso un dito?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Come mai questo sistema non decolla e nessuno pubblica la notizia, a parte il Giornale?
Forse c'è qualche potente che mangia molto di più con altri mezzi energetici.