15 novembre 2006

Ai nostri "cari" defunti

“All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro?”

Oggi è già tanto se un urna riesci ad averla!

I giornali della scorsa settimana riportavano la notizia che solo a Genova, nell’obitorio dell’ospedale di San Martino, che serve tutta la città, i defunti senza sepoltura hanno raggiunto il 30%.
Persone morte in casa, per lo più anziani, vittime di incidenti, sciagurati che hanno finito i loro giorni in ospedale; tutti come pacchi depositati nelle camere mortuarie e non reclamati che diventano “salme senza interesse”. Interesse di chi se non dei parenti! Parenti che evidentemente o non ci sono o che non hanno intenzione di farsi trovare. Parenti che (magari) prima controllano il conto in banca del caro defunto e che poi, se non ci trovano niente, si tirano indietro (magari).
Capirai – starete pensando – un genovese non tirerebbe fuori un centesimo per un vivo figuriamoci per un morto! Il luogo comune sulla spilorceria genovese potrebbe far pensare si tratti di un fenomeno tipico del capoluogo ligure ma i dati sono pronti a smentirci: le percentuali dei morti dimenticati nelle altre città del Bel Paese è in aumento. Potrebbe quindi trattarsi di una moda? O che tutto sia da imputare ad un allarmante fenomeno di caro-esequie? A questo proposito viene a chiedersi ma chi paga per tutti sti morti scrocconi? Nel caso di Genova è il comune che se ne fa carico, tanto che ha istituito una polizza sepoltura. E allora me lo immagino il nonnetto che mi abita di fronte, preoccupato di rimanere senza funerali che investe una parte della sua già misera pensione in una polizza per il futuro, raccomandandosi magari a chi di dovere che quel giorno ci siano le gardenie rosse, ricordo del suo primo amore e che venga suonata la messa da requiem di Verdi.
Dove è finita la pietas di foscoliana memoria? Quella celeste corrispondenza, quello scambio d’affetto tra vivi e morti che proprio il sepolcro mantiene vivo?
In questa società dove va tanto di moda il precariato, sembra siamo destinati ad essere precari anche da morti.

Bianca Candida Herrìa

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