L’altra sera sono tornata dal lavoro distrutta. E sin qui niente di nuovo. Dopo cena decisa a dare sollievo alle mie stanche membra, non ho resistito alla suadente tentazione di spalmarmi sul divano con tanto di copertina a guardare la TV. Sola. E sin qui niente di nuovo. Beh forse guardare non è proprio il termine esatto dato che in meno di dieci minuti, le mie palpebre hanno cominciato a oscurarmi la visuale sotto i battiti d'ali di Morfeo. E’ stato proprio in quel momento che le sempreverdi note di “California” dei Phantom Planet mi hanno destato dal torpore serale. Con sforzo sovrumano ho aperto a stento un occhio per gustarmi lo spot che annunciava la ripresa della famosa serie televisiva "The Oc". Finalmente, mi son detta. Mentre sullo sfondo scorrevano le immagini di posti favolosi, ville da sogno, spiagge chilometriche, tramonti meravigliosi, sole tutto l'anno... Insomma il classico scenario californiano, una voce affermava con tono pacato e grave: "Ci sono posti in cui realizzare i propri sogni non sempre è possibile...".
Un assolo di chitarra interviene a sottolineare sapientemente l'attimo di suspance...
Subito dopo riprende il nostro commentatore malinconico: "...questo non è un luogo comune!"
Riassunto delle puntate precedenti.
Due righe si rendono necessarie per tutti quelli che non conoscono la serie. Per tutti gli altri sarà l'utile occasione per un rapido ripasso. Un ladruncolo morto di fame, invece di finire al riformatorio, viene adottato dal suo fascinoso avvocato, uno sgargiante quarantenne talmente pieno di quattrini da fare invidia a Berlusconi che lo accoglie nella sua mega villa in uno dei luoghi più esclusivi di tutti gli States. La sua vicina di casa, come tutte le ragazze che abitano in quel posto, è ovviamente una sgnoccolona da paura che non vede l’ora di dargliela e il suo migliore amico, il figlio dell'avvocato, è un imbranato logorroico che, vista la surrealtà della situazione, ha pure lui il suo seguito di donne. Insieme se vanno in giro su un SUV da trecento cavalli, e trascorrono le loro giornate indecisi se partecipare ad un party in piscina o ad una grigliata sulla baia. Quale dilemma...
Se in un contesto del genere è difficile realizzare i propri sogni, pensa quanto può essere complicato farlo in luoghi non altrettanto ameni come Quartoggiaro o Torpignattara. Lì nessuno ti si fila perché non c'hai un euro, del resto ne guadagni meno di mille al mese - pur lavorando dalla mattina alla sera - e cinquecento li spendi per l'affitto di una topaia di diciotto metri quadrati di un palazzone popolare. Vai in giro con una Y10 del 1990, tutta ammaccata e la gente ti nota solo per il casino che fa la marmitta bucata mentre striscia a terra rimbalzando sui dossi artificiali. Il massimo della vita, se ti dice culo, è che riesci a rimorchiare la Samantha, la figlia della tua portinaia, che, pare, fra un anno potrà togliersi l'apparecchio odontoiatrico.
Mentre penso a tutte le periferie del mondo lo spot finisce, ed io rimango per un po’ a fissare il televisore amaramente incredula senza vedere più nulla di quanto viene trasmesso. Non mi rimane che spegnere la Tv, dare la mano a Morfeo e constatare che se per i ragazzi di Orange County la vita è difficile, l’indomani là fuori mi aspetta l’Inferno.
30 marzo 2007
23 marzo 2007
C'è speranza per tutti
Siete brutti come un rutto e/o puzzate come un ratto? Nemmeno vostra madre vi fa gli auguri di Natale per paura di dovervi abbracciare e baciare? Le ragazze non uscirebbero con voi nemmeno se andaste a prenderle con una fiammante Ferrari e nemmeno se loro si trovassero già su una statale? Non è ancora detta l’ultima parola… C’è speranza anche per noi! Cioè, volevo dire per voi! Internet è il luogo migliore per fare conoscenza e per mostrare il meglio di voi. Perché si sa, che chi è brutto fuori è bello dentro. Almeno… Sulla rete si possono conoscere tante persone, mostrare il proprio lato romantico (o il lato che preferite insomma) e le possibilità di conquista aumentano anche per chi non può basare le sue tattiche di seduzione totalmente sulla propria beltà. Accade quindi che anche chi ha un evidente difetto fisico riesce a trovare l’anima gemella, la persona che realmente lo capisce e lo ama, scoprendolo prima per ciò che è e soltanto poi per come appare. Siete scettici? Volete un esempio? Guardate l’uomo nella foto. Si chiama Yu Zhenhuan, è cinese ed è un musicista rock (beh… cos’altro poteva fare?). Il suo difetto fisico è abbastanza evidente e si tratta di una sovrapproduzione pilifera che gli è valsa il guinness dei primati (inteso come “superiorità assolute” e non come scimmie!!) come “Uomo più peloso del mondo”. E' infatti ricoperto di pelo sul 96% del proprio corpo, con una media di 41 peli per centimetro quadrato. Non sappiamo se per merito della sua fama, o per il suo animo romantico, il nostro amico Yu ha conosciuto tre anni or sono la sua anima gemella proprio sul web. La notizia del giorno è che i due, dopo regolare fidanzamento, convoleranno presto a giuste nozze! Queste si che sono belle notizie!! Messaggi che infondono ottimismo! Finalmente c’è speranza per tutti!!! Belli, ma soprattutto brutti.
Compagnia aerea
Se Dastiro ci sta istruendo su come affrontare gli inconvenienti più subdoli delle ferrovie italiane e il suo rapporto con Trenitalia sta ormai prendendo davvero una bruttapiega, sappiate che anche volendo cambiare mezzo di locomozione, le cose non vanno meglio. Prendete un businessman londinese, doppio petto e ventiquattrore che sta tornando da uno dei suo numerosi viaggi d’affari portato a termine dall’altra parte del mondo, l’India, la nuova frontiera del business. Volo British Airways Nuova Delhi – Londra, ovviamente first class. Le nove ore di traversata diventano l'imperdibile occasione per concedersi un sonnellino ristoratore; così il protagonista della nostra storia si abbandona al morbido abbraccio di Morfeo per qualche ora. Riaperti gli occhi e stiracchiata la schiena il nostro uomo d’affari scopre al suo fianco una nuova passeggera. Una compagna di viaggio alquanto silenziosa a dire il vero, a quanto pare caduta in un sonno profondo... Forse un po' troppo profondo... La donna, di origine indiana e molto anziana, era infatti deceduta subito dopo il decollo da Delhi nel settore economy e non sapendo dove piazzare la signora, gli assistenti di volo hanno ben pensato che, visto che c’era un posto in prima classe, la si potesse mettere lì. Detto fatto, sistemandola anche di tutto punto, circondandola con dei cuscini per tentare di tenere il corpo diritto che ondeggiava ad ogni movimento dell’aereo. Immaginate il viaggio horror nel lusso della prima classe, di questo passeggero, che racconta di essere rimasto comprensibilmente sconvolto. Sicuramente avrà continuato a viaggiare cercando di non guardare, magari con le cuffiette sempre in testa tentando di distrarsi con la visione dell’ultimo movie di successo targato Bolliwood, o tentando di riassopirsi, con il terrore di trovare al risveglio altre macabre novità. Si può solo presumere con quale voglia e difficoltà , anche perché accanto al cadavere, la figlia della vittima, ha seguitato a piangere e gridare e come se non bastasse pare che dopo qualche ora a temperatura ambiente, la donna cominciasse pure a puzzare. Un vero incubo. Arrivato a destinazione il nostro frequent flayer, si rivolge alla British Airways per lamentarsi e chiedere il rimborso del suo biglietto da 3000 sterline (4500 euro circa). La compagnia si è profusa in convenevoli scuse per il disagio, spiegando che è sempre difficile gestire un cliente che muore a bordo anche perché (fortunatamente) non è una situazione che si verifica sovente; insomma come dire “non è colpa nostra, ripigliati e fattene una ragione”. Quindi sappiate che se non avete i soldi per permettervi un viaggio in prima classe ma non volete rinunciare a tutti i comfort, vi basterà morire lungo un tragitto aereo a bordo della BA e sarete immediatamente accontentati. Può sembrare un metodo un po’ estremo è vero, ma il risultato è assicurato.
19 marzo 2007
Le informazioni che contano
Viviamo nell’era dell’informazione di massa. Il desiderio e la necessità di sapere ci sta portando a diventare noi i bersagli dell’informazione e non più essa oggetto della nostra attenzione, compiendo così un ribaltamento dei ruoli. Ogni giorno riceviamo ben più informazioni di quante in realtà necessitiamo e questo non fa altro che intasare il nostro apparato ricettivo creando disturbo e confondendo ciò che ci è utile con ciò che non lo è. Non mi pare questo il luogo e non mi sento nemmeno in grado di poter dare lezioni di comunicazione, la mia vuole essere come al solito una semplice riflessione ben infarcita di sano qualunquismo. Ho letto da qualche parte (le fonti nella nuova era dell’informazione non sono più così importanti) che affinché esista comunicazione sono indispensabili, oltre al messaggio da comunicare, altri tre elementi: ovvero un mittente, un destinatario e un mezzo attraverso il quale veicolare il messaggio. Giocare con questi tre elementi significa rendere più o meno efficace la ricezione dell’informazione e quindi essere più o meno ragionevolmente certi che il destinatario colga ciò che il mittente desidera rivelargli. Fatta un po’ di teoria, passiamo ora alla pratica. Un esempio a caso, che tutti possano cogliere… Vediamo… Ah ecco, la stazione. Ipotizziamo di andare alla stazione per prendere il treno. Si ma che stazione? Giusto, ehm… Ipotizziamo di andare a prendere il treno alla Stazione Centrale di Milano, così in molti avranno presente lo scenario. Se siamo in stazione e dobbiamo prendere un treno (beh non tutto il treno, in realtà solo un posto su un determinato treno) ciò che ci interesserà sapere, oltre alla destinazione, sarà l’orario, il binario e l’eventuale ritardo (vorrei evidenziare eventuale). Giunti ai binari, se si presta attenzione, ci si accorgerà che possiamo trovare tali informazioni su dei tabelloni neri, senza troppe pretese di appeal, di quelli con le lettere rotanti che ogni tanto, come dire, non rotano. Decodificate le sigle che identificano i vari treni si riesce ad estorcere ai suddetti tabelloni le informazioni di cui necessitiamo. Però che grigia questa stazione, che triste quel tabellone nero/bianco, che precario quel foglio ingiallito con tutti gli orari di partenze e arrivi davanti al quale la gente è costretta ad accalcarsi e quanto sono solitarie quelle povere obliteratrici (un tempo) gialle. Ci sarebbe proprio bisogno di un po’ di colore.
Detto, fatto.
In Stazione Centrale da qualche tempo, oltre ai già noti elementi d’arredo, sono stati finalmente installati dei fini ed eleganti schermi al plasma. All’inizio di ogni binario ce n’è uno più grande, mentre lungo la banchina ce ne sono tanti più piccoli, fortunatamente a poca distanza l’uno dall’altro; potremmo dire che distano tra loro quanto una pisciata di cane. Che bello, finalmente una bella idea che dona colore e che rende più piacevole ricevere le informazioni che davvero contano. Sugli schermi infatti ruotano 24 ore su 24 informazioni preziosissime per tutti i viaggiatori. Gli orari degli arrivi? No… Gli orari delle partenze? Nemmeno… La composizione del treno? Neanche… Un saggio su come riconoscere un Intercity da un Interregionale? Manco per idea… L’ubicazione dei cessi della stazione? Sze…
Insomma, che diavolo ruota su questi schermi? Ovviamente pubblicità. 24 ore al giorno di spot pubblicitari ripetuti ossessivamente su un centinaio di schermi posti uno dietro l’altro. Praticamente un incubo o se preferite un autentico colpo di genio: dato che l’utilizzatore già non capisce una mazza di suo, diamogli una mano, facciamogli ancor più confusione.
Inutile cercare lungo i binari le informazioni sui treni, c’è solo una coppia di vecchi monitor con sfarfallio incorporato sui quali trovate su uno le partenze e sull’altro la preghiera di non superare la linea gialla. Inutile cercare obliteratrici lungo la banchina. Se non avete obliterato all’inizio, non avete più speranza. In compenso non avete bisogno di cercare le vere informazioni che contano, perché vi accompagneranno passo passo fino alla vostra carrozza. Sempre che sia la vostra.Ancora una volta grazie Trenitalia, per pensare al bene dei tuoi clienti, realizzando ciò che la nostra fantasia di miseri consumatori non oserebbe mai chiedere.
Detto, fatto.
In Stazione Centrale da qualche tempo, oltre ai già noti elementi d’arredo, sono stati finalmente installati dei fini ed eleganti schermi al plasma. All’inizio di ogni binario ce n’è uno più grande, mentre lungo la banchina ce ne sono tanti più piccoli, fortunatamente a poca distanza l’uno dall’altro; potremmo dire che distano tra loro quanto una pisciata di cane. Che bello, finalmente una bella idea che dona colore e che rende più piacevole ricevere le informazioni che davvero contano. Sugli schermi infatti ruotano 24 ore su 24 informazioni preziosissime per tutti i viaggiatori. Gli orari degli arrivi? No… Gli orari delle partenze? Nemmeno… La composizione del treno? Neanche… Un saggio su come riconoscere un Intercity da un Interregionale? Manco per idea… L’ubicazione dei cessi della stazione? Sze…
Insomma, che diavolo ruota su questi schermi? Ovviamente pubblicità. 24 ore al giorno di spot pubblicitari ripetuti ossessivamente su un centinaio di schermi posti uno dietro l’altro. Praticamente un incubo o se preferite un autentico colpo di genio: dato che l’utilizzatore già non capisce una mazza di suo, diamogli una mano, facciamogli ancor più confusione.
Inutile cercare lungo i binari le informazioni sui treni, c’è solo una coppia di vecchi monitor con sfarfallio incorporato sui quali trovate su uno le partenze e sull’altro la preghiera di non superare la linea gialla. Inutile cercare obliteratrici lungo la banchina. Se non avete obliterato all’inizio, non avete più speranza. In compenso non avete bisogno di cercare le vere informazioni che contano, perché vi accompagneranno passo passo fino alla vostra carrozza. Sempre che sia la vostra.Ancora una volta grazie Trenitalia, per pensare al bene dei tuoi clienti, realizzando ciò che la nostra fantasia di miseri consumatori non oserebbe mai chiedere.
12 marzo 2007
Le ricette di Nonna Maria
Mi ritrovo sempre più spesso a pensare per stereotipi. Quando penso ad una vecchietta inglese, per esempio, mi immagino una signora piccolina, capelli bianchi raccolti in un grazioso chignon, occhiali dalla montatura dorata. Un po’ nonna papera e un po’ miss Marple. Una simpatica nonnina che vive sola in un tipico cottage di un piccolo villaggio sperduto nella campagna inglese. Curiosa e magari un po’ impicciona; unico svago il rito del te con le amiche, per poter spettegolare del vicinato, e la cura delle sue magnifiche rose. Niente male come cliché, no?
L’hobby del giardinaggio pare c’è l’abbia anche Lady Tabram, ma la sua passione non sono di certo le rose.
Soprannominata “Nonna Cannabis” questa simpatica vecchietta di sessantotto anni è diventata in Gran Bretagna una celebrità tanto quanto il suo modello cinematografico Grace. Avete mai visto il film «L’erba di Grace»? Beh! La vita idilliaca che Grace conduce subisce una brusca svolta alla morte del marito: una montagna di debiti, l'esistenza di una ex amante e la prospettiva di perdere la bellissima casa in cui vive. Tutto ciò la convincono a mettere a frutto il suo pollice verde e dedicarsi, nella serra dietro casa, alla coltivazione della marijuana.
Non difficoltà finanziarie ma motivi terapeutici sono i fini che hanno spinto “Nonna Cannabis” a coltivare con tanto amore le sue piantine di maria, in barba alla nostrana “Nonna Pina” e le sue miracolose tagliatelle effetto vitamina. A chi le ha fatto notare che coltivare marijuana è illegale, ha candidamente risposto che non si sente affatto un criminale, perché sostiene che la cannabis è un’erba del tutto naturale come ce ne sono tante e ha effetti collaterali così come del resto avviene per tanti altri farmaci venduti legalmente in farmacia. A chi, ancora, le ricorda che l’uso di tali sostanze provoca la perdita della memoria immediata, precisa che gli anziani già soffrono di questo problema senza usare marijuana. Tesi scientificamente provate…come darle torto??!!!
Così quando è stata arrestata ha ammesso di essere “colpevole” di usare cannabis cinque volte al giorno per cinque volte la settimana (alla faccia del più incallito pivello tossicomane!!) sempre con finalità terapeutiche e che siccome è contraria al fumo (perché fumare fa male!) usa l’erba come ingrediente nella preparazione dei piatti. Racconta che le è stata consigliata da un “amico” per placare gli insopportabili dolori alle articolazioni che le causano sofferenza e da allora, visti i benefici risultati, ne ha sempre fatto uso, tanto da fondare qualche anno fa un “club culinario”, composto da altri innocui vecchietti pusher con tanto di reumatismi e osteoporosi galloppante, dove si diletta a preparare deliziosi manicaretti: zuppe, cioccolate, torte e biscotti tutto a base di marijuana. Pezzo forte del menù? L’infuso di erbe da mescolare al te per rendere più piacevole il rito delle cinque. E’ quello che Lady Tabram si è preoccupata di fare anche il giorno in cui la polizia le ha messo a soqquadro casa e sequestrato trenta pianticelle di marijuana e parecchi vasi di vetro sparsi in cucina pieni di foglie secche e semi di cannabis, ha offerto gentilmente agli agenti te e biscottini. Peccato però che presto Nonna Maria verrà processata, pare proprio che stavolta le Autorità non abbiano mangiato la foglia!
L’hobby del giardinaggio pare c’è l’abbia anche Lady Tabram, ma la sua passione non sono di certo le rose.
Soprannominata “Nonna Cannabis” questa simpatica vecchietta di sessantotto anni è diventata in Gran Bretagna una celebrità tanto quanto il suo modello cinematografico Grace. Avete mai visto il film «L’erba di Grace»? Beh! La vita idilliaca che Grace conduce subisce una brusca svolta alla morte del marito: una montagna di debiti, l'esistenza di una ex amante e la prospettiva di perdere la bellissima casa in cui vive. Tutto ciò la convincono a mettere a frutto il suo pollice verde e dedicarsi, nella serra dietro casa, alla coltivazione della marijuana.
Non difficoltà finanziarie ma motivi terapeutici sono i fini che hanno spinto “Nonna Cannabis” a coltivare con tanto amore le sue piantine di maria, in barba alla nostrana “Nonna Pina” e le sue miracolose tagliatelle effetto vitamina. A chi le ha fatto notare che coltivare marijuana è illegale, ha candidamente risposto che non si sente affatto un criminale, perché sostiene che la cannabis è un’erba del tutto naturale come ce ne sono tante e ha effetti collaterali così come del resto avviene per tanti altri farmaci venduti legalmente in farmacia. A chi, ancora, le ricorda che l’uso di tali sostanze provoca la perdita della memoria immediata, precisa che gli anziani già soffrono di questo problema senza usare marijuana. Tesi scientificamente provate…come darle torto??!!!
Così quando è stata arrestata ha ammesso di essere “colpevole” di usare cannabis cinque volte al giorno per cinque volte la settimana (alla faccia del più incallito pivello tossicomane!!) sempre con finalità terapeutiche e che siccome è contraria al fumo (perché fumare fa male!) usa l’erba come ingrediente nella preparazione dei piatti. Racconta che le è stata consigliata da un “amico” per placare gli insopportabili dolori alle articolazioni che le causano sofferenza e da allora, visti i benefici risultati, ne ha sempre fatto uso, tanto da fondare qualche anno fa un “club culinario”, composto da altri innocui vecchietti pusher con tanto di reumatismi e osteoporosi galloppante, dove si diletta a preparare deliziosi manicaretti: zuppe, cioccolate, torte e biscotti tutto a base di marijuana. Pezzo forte del menù? L’infuso di erbe da mescolare al te per rendere più piacevole il rito delle cinque. E’ quello che Lady Tabram si è preoccupata di fare anche il giorno in cui la polizia le ha messo a soqquadro casa e sequestrato trenta pianticelle di marijuana e parecchi vasi di vetro sparsi in cucina pieni di foglie secche e semi di cannabis, ha offerto gentilmente agli agenti te e biscottini. Peccato però che presto Nonna Maria verrà processata, pare proprio che stavolta le Autorità non abbiano mangiato la foglia!
07 marzo 2007
La settimana dell'impegno
Scusate il ritardo, ma non mi sono ancora del tutto ripreso. Causa motivi di lavoro ho trascorso la scorsa settimana da extra-comunitario, in terra musulmana. Questo mi ha fisicamente impedito di poter vivere la settimana che ogni bravo italiano attende per tutto il resto dell'anno, la settimana che decide le sorti del paese: la settimana di SanRemo. Domenica mattina mi sono risvegliato nella mia stanza, nella mia città e soprattutto nella mia terra... per rimanere in tema sanremese, la mia terra dei cachi. Accendo subito la tele, sento il bisogno di sapere, voglio essere informato. Cerco notizie, informazioni, immagini, racconti/resoconti e commenti sulla settimana che decide le sorti della nostre vite di poveri italiani medi. Distrattamente scorgo un signore che mi parla di crisi di governo, di fiducia e di senatori a vita... quisquiglie, io aspetto la notizia vera, quella importante. Eccola. Finalmente posso vedere il volto del vincitore del cinquantasettesimo Festival della Canzone Italiana. Un attimo di suspense e tra i coriandoli della festa scorgo una massa di simpatici riccioli e uno sguardo vispo, intellettualmente mascherato da un paio di occhiali da secchione. Non ci posso credere, il piccolo emulo di Biagio Antonacci ha vinto la gara canterina più importante d'Italia pur non sapendo cantare! Ben inteso, lo dico con il massimo della simpatia per il nostro Cristicchi. Passo le ore seguenti a scanalare consumando i tasti del mio telecomando alla ricerca di nuovi particolari, per capire come, cosa e soprattutto perché, incapace di riprendermi dallo shock. Salto di tigì in tigì, ma inesorabilmente mi imbatto in parlamentari, in richieste di fiducia e in senatori. Non mi interessa, io voglio sapere di Cristicchi. È lui il mio eroe. Voglio sentire la canzone e voglio pure sentire quelle degli altri concorrenti per poter improvvisarmi giurato di qualità e dire anch’io la mia. Niente da fare, m’imbatto ripetutamente in talk show e così mio malgrado mi ritrovo ad ascoltare le parole degli illustri ospiti. Una cosa mi colpisce su tutte, o meglio una parola: impegno. Non importa che l’argomento della discussione sia San Remo oppure la crisi di governo (nel frattempo ho scoperto che c’è stata una crisi), tutti ripetono all’unisono la necessità, l’opportunità, l’importanza e soprattutto una gran voglia di impegno. Scopro che è l’impegno il vero trend del momento, scopro che sarà l’impegno a rendere più stabile il nostro paese e scopro che per vincere San Remo è indispensabile l’impegno. Non che gli altri anni i cantanti non si impegnassero, ma erano le canzoni a non essere impegnate. Occorre più impegno. Basta frivolezze. Basta frizzi, lazzi e gesti istrionici. Più impegno per tutti. Più impegno per il governo, più impegno per cantare. Per questo Cristicchi ha vinto, perché ha portato in Liguria una canzone impegnata. Per questo i fratelli Bella non ce l’hanno fatta… non perché la loro canzone non fosse bellissssssima, ma perché, ahimè, non era abbastanza impegnata. Hanno lanciato una crociata a favore della semplicità, ma non sono stati capiti. Troppo difficili. Succede anche questo, che la troppa semplicità, renda difficoltoso capire una canzone. I Bella si difendono così. E intanto il malato di mente di Cristicchi (cioè non nel senso che lui sia malato di mente, ma nel senso del protagonista della canzone) trionfa. Finalmente una canzone impegnata, che parla di problemi seri; finalmente le malattie mentali trovano visibilità in tivù e vincono a San Remo… Poi mi regalano un sollievo, e mi fanno finalmente sentire la canzone. Mah… mah… mah… La mia stima per Cristicchi cresce a dismisura: ha fatto tesoro dell’insegnamento del suo predecessore Povia, ovvero mai cambiare la melodia del tuo pezzo più acclamato. Ora canticchio la canzone di Cristicchi, è così intuitiva, immediata, e mentre la canto mi rendo conto che il matto Antonio studia in una stanza umida con una rosa in mano mentre aspetta un figlio da uno spacciatore… Forse non mi sono impegnato abbastanza.
Iscriviti a:
Post (Atom)