30 novembre 2007

Natale in casa Cupiello

L'imminente arrivo delle festività natalizie è per tutti fonte di grande gioia ma ancor maggior sbattimento. Scegli l'albero, prepara l'albero, scegli le decorazioni, attacca le decorazioni, compra le luminarie, attacca le luminarie, fai il presepe, manda i biglietti di auguri ad amici e conoscenti e dulcis in fundo scegli i regali giusti per le persone giuste. Davvero un lavoraccio, che richiede passione, dedizione e competenza. Non tutti possono improvvisarsi esperti natalizi, ci vuole savoir faire.


Ora, se per ognuno di noi comuni mortali il Natale commerciale è una grandissima rottura di palle, figuratevi cosa possa essere per chi conta veramente a questo mondo, per una famiglia importante, per, echennesò, per i Bush per esempio. Immaginatevi cosa possa essere organizzare le feste di Natale per la famiglia presidenziale. Per fortuna Laura Bush può contare oltre che sulla sua personale esperienza, sull'appoggio di fior fiore di consulenti e collaboratori che l'aiutano a organizzare e gestire il tutto. Si parla di circa 900 mila cartoline da spedire, 60 mila ospiti da ricevere (e chissà quanto magnano pure) e 33 alberi di Natale, giusto per dare un ordine di grandezza. Per farlo si fa aiutare da 73 volontari (volontari? traduzione: pagati in nero) che lavorano incessantemente anche per preparare il presepe del diciottesimo secolo e soprattutto per l'annuale cortometraggio che vede come protagonista la dolcissima coppia di fox terrier presidenziali.


Dato che capisco la difficoltà e la delicatezza del momento in casa Bush, vorrei anch'io porgere anzi tempo i miei omaggi e gli auguri di passare un sereno Natale, fortunatamente l'ultimo, alla Casa Bianca. Per farlo ho pensato dunque di mandare idealmente alla signora Bush (immortalata nella foto mentre soppesa un'artistica palla) non una ma un sacco di cartoline. Un sacco di cartoline che il governo americano non vuole mostrare a nessuno... Non le ho fatte io, ma i marines che il suo buon maritino ha spedito in Iraq. Per vederle cliccate qui.



27 novembre 2007

Giustizia televisiva

Non mi piace tornare a parlare sempre delle stesse persone, ma ce ne sono alcune che inevitabilmente finiscono per attirare la mia attenzione. In questo caso mi riferisco al Ministro della Giustizia (nonché sindaco di Ceppaloni) Clemente Mastella, reo questa volta di aver bloccato la messa in onda su RaiUno della fiction "Una vita rubata" in palinsesto per ieri sera, dedicata all'assassinio della diciasettenne Graziella Campagna (in foto).

Antefatto: nel 1985 Graziella, che lavorava in una lavanderia nel messinese, fu assassinata dal boss Gerlando Alberti, per aver involontariamente rinvenuto la sua agenda. Dopo 20 anni di indagini, nel 2004 Alberti, assieme al complice Suteri, fu condannato all'ergastolo, ma i giudici della Corte d'Assise furono così distratti da non depositare entro i termini previsti le motivazioni della sentenza, che venne dunque annullata. Scontata un'altra condanna per traffico di droga, l'Alberti uscì dunque dal carcere soltanto un anno e mezzo dopo, rientrando tra i benificiari dell'indulto. Il caso suscita l'interesse della stampa, e così nel 2006 Mastella incarica un'indagine sul magistrato colpevole di non aver depositato in tempo i documenti, che si conclude con un nulla di fatto.

Il Ministro Mastella ha bloccato la messa in onda della fiction in quanto, parole sue, "avrebbe potuto turbare la serenità dei giudici della Corte d’Assise di Appello che dal 13 dicembre si riuniranno in udienza proprio per il processo che riguarda l’assassinio di Graziella Campagna".

Qualcuno potrebbe invece sospettare che il nostro onorevole voglia prevenire possibili dubbi sull'efficacia della Giustizia Italiana e/o che il tema dell'indulto torni d'attualità in un momento e in un modo a lui scomodo. Insomma meglio che la gente non sappia, anche se si tratta soltanto di una fiction. Una fiction!

Qualcun altro potrebbe invece fantasticare sul fatto che non viviamo in un paese completamente libero, in cui il rapporto tra media e potere politico assomiglia più a un'orgia che alla coesistenza di due entità distinte. Ma queste sono solo supposizioni.



23 novembre 2007

Savoy-Hardy

I Savoia, o meglio ciò che ne resta, sono in Italia solo da un paio d'anni, ma si sono subito immedesimati nella parte. Ospiti dei salotti televisivi si sono presentati come si confà a degli autentici vip. Perché questo è ciò che conta qui da noi. Si sono fatti intercettare, indagare e chiedono risarcimento per le sofferenze subite prima di posare piede sull'italico suolo (sono convinto che un giorno chiederanno i danni per essere stati fatti rientrare). Manca soltanto che fondino un partito o che ammazzino un famigliare e possono orgogliosamente dichiararsi a pieno titolo italiani.
La "nostra" Giustizia è peraltro talmente stravagante che potrebbe anche dare loro ragione. Il RIS di Parma ci sta già lavorando. Pare infatti che la situazione fosse troppo poco confusa: i Savoia, gli avvocati e lo Stato. Insomma nemmeno un povero disgraziato con un alibi sospetto.
In compenso quel simpaticone di Emanuele Filiberto e l'integerrimo genitore possono sempre andare allo stadio: le curve che verranno interdette agli ultras potranno essere aperte a famiglie e scolaresche. Speriamo che non manchi un poliziotto distratto.

20 novembre 2007

Il mio amore non è peccato

Ricordate Don Sante, il padre Ralph di Monterosso, paesino in provincia di Padova che l'estate scorsa è balzato alle cronache perchè reo confesso di essere da tempo legato ad una donna dalla quale potrebbe aver avuto un figlio? Sostenuto dai suoi fedeli che da subito gli avevano fatto scudo, si era opposto con fermezza al proprio vescovo e aveva giurato: "io non mi dimetto".
Era così riuscito a proporre la questione assai spinosa del celibato dei preti. Era andato contro i suoi superiori, aveva cercato di modernizzare la Chiesa, di svecchiare le leggi clericali, sostenendo che i tempi sono cambiati e che i sacerdoti devono prendere coscienza della vita laica dei fedeli per essere a loro il più vicino possibile. Cosa che Don Sante ha fatto alla lettera! Un vento nuovo di modernizzazione sembrava dunque smuovere i pilastri della Chiesa e invece... Il nostro impavido giustiziere dei pretini di campagna si è infine piegato alla volontà del vescovo e si e dimesso.
Tolto l'abito talare e abbandonato il ruolo di guida spirituale della sua comunità, ha voluto comunque mantenere il suo compito di guida, perciò è salito su un camion e ora fa l'autotrasportatore. Il tutto naturalmente non prima di aver scritto, con l'aiuto di un giornalista, un libretto (perchè se oggi non pubblichi almeno un libro non sei nessuno) che Mondadori ha pubblicato al volo: Il mio amore non è peccato, volumetto nel quale il prete svela le origini e i particolari della sua storia d'amore.
Purtroppo c'è da credere che il libro venderà pure un discreto numero di copie conoscendo la morbosa curiosità di molti per queste love story stile uccelli di rovo. Ma non è tutto. Ingaggiato da un agente di veline schedine e paperette, don Sante ha permesso che la sua amata fosse fotografata in esclusiva da un giornaletto gossiparo ed è stato, e di sicuro in futuro lo sarà ancora più spesso, ospite dei salotti buoni della tv. Ha scelto di diventare un fenomeno mediatico (o da baraccone? Talvolta il confine è labile) e così la sua causa, giusta o sbagliata che fosse, sarà fagocitata del pettegolezzo televisivo e non solo. Avevo sognato un Don Sante paladino di una nuova era, invece temo che me lo ritroverò inquilino del prossimo Grande Fratello... anzi direttamente sull'isola, dato che la sua celebrità ha già superato quella di Malgioglio.